Il Decreto-legge 4/2019 introduce, all’articolo 4, comma 15, l’obbligo per i beneficiari del Reddito di Cittadinanza ad offrire, nell’ambito del Patto per il lavoro o del Patto per l’inclusione sociale, la propria disponibilità per la partecipazione ai Progetti Utili alla Collettività (PUC) a titolarità dei Comuni, da svolgersi presso il Comune di residenza.

Il volume contiene una raccolta di esperienze e buone prassi già realizzate o in corso di realizzazione su tutto il territorio nazionale, attraverso forme di volontariato, cittadinanza attiva, lavoro protetto ed altro, attuate nei Comuni, anche con l’apporto di Enti Pubblici e di Soggetti del Terzo Settore, assimilabili per uno o più aspetti ai principi cardine dei PUC.

La raccolta contiene anche una sezione dedicata a progetti a titolarità del Terzo settore o di altri soggetti.
Sebbene, infatti, per i PUC non sia prevista la possibilità di titolarità diversa da quella dei Comuni, la scelta è stata quella di includere anche spunti realizzabili in collaborazione con altri soggetti.

I progetti contenuti nella documento sono tratti da esperienze raccolte su base volontaria attraverso una rilevazione avviata da Anci e dalla Banca Mondiale.

La scelta dei progetti da condividere è stata lasciata ai titolari degli interventi nella consapevolezza che le esperienze di pochi possano diventare patrimonio di molti.


Orientamento e progettazione professionale in persone con storie di dipendenza

A cura di Ilaria Di Maggio, Università degli studi di Padova

I dati presentati dall’Ufficio antidroga delle Nazioni Unite (United Nations Office on Drugs and Crime – UNODC, 2016) mostrano come l’uso e l’abuso di droghe siano una realtà purtroppo presente a livello mondiale e che, in quanto tale, ogni nazione dovrebbe essere chiamata a prenderne coscienza e ad agire al fine di diminuire le ripercussioni che la dipendenza può avere nel benessere e qualità di vita di molti. In Europa, ad esempio, si stima che 17,1 milioni di giovani adulti abbiano fatto uso di droghe nel 2016 (European Observatory on Drugs, 2017), anche quando consideriamo le persone con storie di dipendenza effettivamente in trattamento, i dati del Dipartimento delle Politiche Antidroga Italiano (2016) confermano che l’uso patologico di sostanze stupefacenti è costantemente in aumento.

Con il termine “uso patologico di sostanze stupefacenti” si fa generalmente riferimento ad una modalità patologica dell’uso della sostanza che si caratterizza per (American Psychiatric Association; 2013):
•un’uso della sostanza spesso maggiore o per periodi prolungati rispetto a quanto previsto dalla persona;
•una grande quantità di tempo speso in attività necessarie a procurarsi la sostanza o a riprendersi dai suoi effetti;
•il fallimento nell’adempimento dei principali obblighi di ruolo sul lavoro, a scuola, a casa;
•un uso continuativo della sostanza nonostante la presenza di persistenti o ricorrenti problemi sociali o interpersonali causati o esacerbati dagli effetti della sostanza;
•l’abbandono o la riduzione a causa dell’uso della sostanza di importanti attività sociali, lavorative o ricreative;
•un uso ricorrente della sostanza in situazioni fisicamente pericolose;
•un uso continuato della sostanza nonostante la consapevolezza di un problema persistente o ricorrente, fisico o psicologico, che è stato probabilmente causato o esacerbato dalla sostanza stessa;
•tolleranza intesa come il bisogno di dosi notevolmente più elevate della sostanza per raggiungere l’effetto desiderato;
•episodi di astinenza.

Inoltre, si può parlare di uso patologico della sostanza secondo l’American Psychiatric Association (2013) quando lo stesso conduce a disagio o a compromissioni clinicamente significative.

Di fatto, l’uso “patologico” dalla sostanza comporta una serie di ripercussioni che generalmente possono mettere la persona ad alto rischio di sopravvivenza ed esporla maggiormente a condizioni di vita poco sodisfacenti e di qualità.

Le persone che fanno uso continuo di sostanze sono, di fatto, maggiormente esposte ad infarti, ipertensione, endocardite, ictus, immunodeficienze e malnutrizione. Esse sono anche maggiormente esposte a deficit neuro-cognitivi, in particolare nelle funzioni esecutive (Snyder, Miyake, & Hankin, 2015) che possono portare a sperimentare deficit in abilità utili in diversi domini di vita come ad esempio deficit nelle abilità di problem solving, di memoria, di apprendimento, di attenzione e di pianificazione (Motzkin, Baskin‐Sommers, Newman, Kiehl, & Koenigs, 2014).

Inoltre, sono diversi gli studi che mettono in evidenza alti livelli di comorbidità tra il disturbo da uso di sostanze e altre diagnosi psichiatriche (es. depressione, schizofrenia, disturbo bipolare; American Psychiatric Association, 2013).

L’uso e l’abuso continuo di sostanze potrebbe comportare anche ripercussioni nella sfera sociale dell’individuo. Di fatto, la dipendenza da uso di sostanze può causare una riduzione della rete sociale e dei supporti amicali e familiari su cui la persona può fare riferimento (American Psychiatric Association, 2013).

Infine, la dipendenza da uso di sostanze può provocare anche una serie di difficoltà a livello occupazionale e di progettazione di vita professionale e personale futura (e.g., Richardson, Wood, Montaner, & Kerr, 2012). A tal proposito, in letteratura è possibile trovare diversi studi che mostrano come le persone con una storia di uso di sostanze che riescono ad ottenere una buona integrazione nella sfera lavorativa sono anche più disposte a continuare il proprio percorso terapeutico-riabilitativo (Richardson et al., 2012; Shepard & Reif, 2004). Nello specifico, queste persone fanno riscontrare un maggior successo terapeutico e sono meno soggetti a ricadute (Richardson et al., 2012; Shepard, & Reif, 2004) e quindi sperimentano livelli più consistenti di soddisfazione di vita (Foster, Marshall, & Peters, 2000).

Di fatto, il piano d’azione antidroga europeo (European action plan, 2013) considera il reinserimento lavorativo come un elemento fondamentale delle strategie di intervento nelle problematiche del Disturbo da Uso di Sostanze, in quanto un uso patologico della sostanza può portare le persone con storie di dipendenza a sperimentare numerose barriere nel processo di pianificazione personale e professionale futuro, nonché nel riuscire a ricercare ed ottenere un lavoro dignitoso.

Richardson e colleghi (2012) indentificano tre complicazioni e sfide contestuali legate alla progettazione professionale tipiche delle persone con storie di dipendenza: quelle legate al trattamento, quelle legate al contesto sociale e quelle legate al mondo del lavoro.

Per quel che riguarda le barriere legate al trattamento, Richardson et al. (2012) mettono in evidenza come gli interventi riabilitativi in materia di dipendenza da abuso di sostanza siano molto rigidi in particolare quando all’interno degli stessi si fa uso di sostanze competitive (es. metadone). Nello specifico, le persone in cura per disturbo da uso di sostanza con sostanze competitive sono chiamate a recarsi spesso, anche giornalmente, nei servizi per la cura e la riabilitazione della dipendenza sia per poter effettuare diversi controlli legati all’uso della sostanza sia per poter usufruire della propria prescrizione di sostanze competitive. Inoltre, un’altra barriera legata al trattamento è proprio la mancanza e/o la riduzione dei finanziamenti ai programmi di riabilitazione professionale per persone con storie di dipendenza (Richardson et al, 2012; Shepard & Reif, 2004). Nonostante, in Italia ci sia un’attenzione istituzionale e legislativa in materia di integrazione lavorativa delle persone con storie di dipendenza (Art 124 del D.P.R. n. 309/90; Art 5 e 6 della legge del 5 Giugno 1990, n. 135; legge 381/91) negli ultimi anni a causa della crisi economica e delle politiche neoliberali si è osservata una riduzione del welfare (Mladenov, 2015) che ha messo in crisi le diverse politiche e azioni di reinserimento lavorativo.

Le barriere legate al contesto sociale fanno, invece, riferimento al pregiudizio verso le persone con storia di dipendenza. Le persone con storie di dipendenza, ad esempio, vengono considerate come inaffidabili, tendendti a perdere il controllo, riluttanti al cambiamento. Tale pregiudizio, purtroppo, è presente in diversi contesti di vita degli individui, da quelli familiari, a quelli sanitari e lavorativi (datori di lavoro, colleghi). Questi pregiudizi sembrano persistere anche quando la persona è in uno stato di “libertà dalla sostanza” (drug free), e sembrano influenzare fortemente la qualità della vita, la possibilità di trovare lavoro e la qualità del trattamento della stessa (Earnshaw, Bogart, Dovidio, & Williams, 2013).

Infine, ci sono le barriere associate al mercato del lavoro (Richardson et al, 2012; Shepard & Reif, 2004). A questo proposito, l’European Observatory on Drugs (2017) ha lanciato un vero e proprio allarme sui tassi di disoccupazione delle persone con una storia di uso di sostanza, mostrando come in Europa un consumatore su due è senza lavoro e vive in condizioni precarie e di estrema povertà. Questi dati sono confermati anche in Italia dove circa il 70% delle persone in trattamento per dipendenza da uso di sostanza sembra essere disoccupato o con lavoro occasionale e/o precario (Dipartimento Politiche Antidroga, 2015).

Insieme alle barriere legate al contesto, i professionisti dell’orientamento e della progettazione professionale devono considerare anche quelle che Richardson e colleghi (Richardson et al., 2012) definiscono barriere e sfide legate al cliente. Gli Autori mettono in evidenza come le persone con storie di dipendenza mostrano non solo bassi livelli di formazione, mancanza di esperienze lavorative, obiettivi professionali irrealistici, ma anche più bassi livelli di autostima, problem-solving, decision making e abilità sociali, quando confrontati con adulti senza storie di dipendenza.

Inoltre, Sgaramella, Ferrari e Ginevra (2015), focalizzando la loro attenzione sui processi di pianificazione futura personale e professionale, hanno mostrato come le persone con storia di dipendenza da sostanze hanno difficoltà a proiettarsi nel loro futuro considerando il loro passato e presente, a determinare i loro obiettivi futuri e a identificare strategie adattive per affrontare le diverse transizioni e richieste del mondo del lavoro. I risultati riportati da Sgaramella e colleghi (2015) sono in linea con quanto mostrato da Thomas e Rickwood (2016). Gli Autori, proponendo a 37 adulti con una storia di dipendenza da sostanze un’intervista semi-strutturata volta a indagare gli obiettivi e le speranze future nonché le risorse necessarie per il perseguimento degli stessi, hanno mostrato come i loro obiettivi fossero spesso inferiori rispetto alle loro possibilità future.

Tra gli obiettivi maggiormente citati ritroviamo il desiderio di un lavoro retribuito (con poca preoccupazione per il tipo di lavoro da svolgere), una casa sicura ma non di proprietà e, spesso, il desiderio di recuperare la custodia dei propri figli. Come riportato dagli autori, molti dei partecipanti coinvolti nello studio non sono stati in grado di articolare un futuro al di là delle circostanze attuali.

Le incertezze della loro vita hanno probabilmente plasmato il loro pensiero per il futuro, attraverso la mancanza di capitale finanziario e mediante una visione “deficitaria” di se stessi come se si considerassero in possesso di poche scelte e poche strategie per perseguire i loro obiettivi. Bryant e Ellard (2015), coinvolgendo 26 giovani con dipendenza da uso di sostanze e proponendo loro un’intervista semi-strutturata, hanno messo in evidenza come le storie delle persone con dipendenza da uso di sostanze sono caratterizzate da disgregazione familiare, abbandono, abuso, povertà, dipendenza e violenza, ma che allo stesso tempo sia possibile ritracciare nelle loro storie una sorta di speranza e motivazione finalizzata ad agire per creare un cambiamento positivo nel proprio futuro.

In conclusione, possiamo affermare che le barriere che le persone con storie di dipendenza sperimentano sono numerose e possono essere considerate frutto di una interazione reciproca e complessa tra individuo e contesto. Tale consapevolezza ha permesso di migliorare gli stessi interventi in materia di orientamento e progettazione professionale pensati per le persone con storie di dipendenza nel corso degli ultimi anni (Di Maggio, 2017).

Nello specifico, si è passati da modelli “speciali” che non consideravano la complessità delle variabili contestuali e personali in gioco nei processi di progettazione professionale delle persone con dipendenza, come ad esempio il “Work as Positive Outcome Model” all’interno del quale il lavoro e l’inclusione lavorativa e sociale venivano considerati come dei semplici outcome degli interventi più classici e clinici in materia di abuso di sostanza, a modelli che, anche se rimanevano intrappolati all’interno di “interventi speciali”, enfatizzavano maggiormente il bisogno di lavorare su abilità e punti di forza al fine di superare barriere personali e contestuali legate all’inserimento lavorativo proprie delle persone con storie di dipendenza, come ad esempio il “Work Infusion Model”.

Negli ultimi anni, si è iniziato a studiare e ad analizzare la possibilità di poter utilizzare interventi inclusivi di orientamento e progettazione professionale e personale futura basati sull’ approccio del Life design (Di Maggio, 2017; Hartung & Vess, 2016). Nello specifico, in questi interventi, i consulenti sono invitati, in primo luogo, a comprendere il contesto di vita, la rete di supporto sociale e le risorse rilevanti per il benessere generale del cliente. Successivamente, il consulente è chiamato ad aiutare i clienti a far emergere i loro punti di forza, gli aspetti positivi e le sfide affrontate con successo che sono affiorate dal racconto della loro storia di vita.

Nel caso di storie legate ad esperienze negative, i consulenti dovrebbero favorire una rielaborazione della loro esperienza, focalizzando l’attenzione sulle caratteristiche come la resilienza, la speranza, il coraggio e aiutando i clienti a riconoscere la difficoltà della situazione, evitando attribuzione negative, e aiutandoli ad identificare le barriere sistemiche e i pregiudizi sociali.

Tutto questo dovrebbe aiutare i clienti a ricostruire la propria storia in una lente positiva e ad iniziare a costruire la propria narrazione futura partendo dai propri punti di forza. Inoltre, tenendo conto della necessità e dell’importanza di promuovere l’inclusione lavorativa per le persone con vulnerabilità, è essenziale, secondo il paradigma del Life design, intervenire anche a livello contestuale, coinvolgendo i contesti sociali e lavorativi al fine di sviluppare atteggiamenti positivi verso la diversità e l’unicità delle persone promuovendo in tal modo migliori condizioni di lavoro e inclusione sociale. Di fatto, come mostrato recentemente da Santilli, Di Maggio, Ginevra e Nota (in press) esperienze positive di inclusione e una enfatizzazione degli aspetti positivi e del contributo possibile dei colleghi con vulnerabilità nel contesto lavorativo possono portare ad atteggiamenti più positivi e propensi alla collaborazione.

 

(da Sio-online.it)


Orientamento e counseling in ottica comunitaria: contrastare stereotipi e favorire l’inclusione

A cura di Ernesto Lodi, Gian Luigi Lepri, Patrizia Patrizi

In tempi di profonde mutazioni e metamorfosi economiche e sociali, secondo Bonomi (2010), una comunità non può che raccogliere fino in fondo la sfida nel contrastare il progressivo e sempre più marcato indebolimento dei legami sociali. Reti sociali impoverite non caratterizzano più solo le aree di marginalità sociale facilmente riconoscibili, ma appaiono oramai trasversali a ben più ampie e impreparate fasce sociali che sempre più si scoprono vulnerabili, con le prevedibili implicazioni per le biografie personali.

Inclusione e coesione sociale tornano così a essere individuate come priorità da promuovere, rafforzare e tutelare, in vista del pieno sviluppo delle singole traiettorie di vita. A tale fine le nostre comunità dovrebbero essere: relazionali, partecipate, inclusive, fondate sulla responsabilità come presupposto e risultato di un’intenzionalità sociale di benessere di tutte le parti.

In tale contesto, vi sono vecchie e nuove marginalità con cui l’orientamento e il counseling non possono fare a meno di venire sempre più in contatto, come per esempio in tutti quegli interventi rivolti a persone che hanno incontrato il sistema giustizia. Se solo pensiamo al nostro mandato costituzionale riguardo la finalità rieducativa della pena, qualsiasi percorso di rieducazione non può prescindere (e questa, in definitiva, è la prassi) da un tentativo di inserimento o reinserimento nei percorsi formativi e professionali.

Ma tutto ciò, allo stato attuale, avviene al di fuori di percorsi strutturati di orientamento e di supporto professionale allo sviluppo di carriera. Per queste ragioni, e incidendo sul vissuto comunitario, l’ambito della giustizia rappresenta un focus non più rinviabile anche per le nostre discipline e andrebbe riconsiderato il ruolo del counselor nella rivisitazione dei modelli di sostenibilità sociale, psicologica, relazionale (in questo, d’altro canto, sta il fulcro dell’Agenda 2030) in tale ambito.

Ma quale può essere il legame tra sistema giustizia e lavoro del counselor? La visione trasformativa della giustizia riparativa (UNODC, 2006) apre a nostro avviso nuovi scenari di intervento anche in termini di counseling e orientamento. La concezione trasformativa, infatti, sfida chi opera al suo interno non solo a occuparsi delle pratiche per riparare il danno (obiettivo centrale nel paradigma della giustizia riparativa), ma anche a rivolgersi alle varie forme di ingiustizia strutturale e individuale che le persone vivono. Si tratta, dunque, da un lato affrontare i fattori di rischio comunemente associati al crimine, dall’altro di intervenire attraverso i principi e i valori della giustizia riparativa per migliorare il modo in cui le persone si relazionano a sé stesse, agli altri e al loro contesto. Secondo questa ottica si punta sia alla trasformazione interiore delle persone sia alla trasformazione sociale delle comunità in termini di inclusività, solidarietà, convivenza pacifica. Si può ben comprendere come le recenti evoluzioni dell’orientamento, e ci riferiamo in maniera particolare al contributo della psicologia positiva, focalizzandosi sul potenziamento in chiave preventiva e promozionale delle abilità e delle risorse psicosociali delle persone in vista dell’innalzamento dei loro livelli di qualità, ben si adatti a tale visione di giustizia riparativa.

Quali sono le possibili intersezioni tra l’orientamento e il counseling e la visione trasformativa della restorative justice? Innanzitutto le variabili di lavoro che potrebbero essere assunte nei processi di intervento. Potenziare a livello individuale e di gruppo per esempio resilienza, speranza ottimismo, coraggio, autoefficacia, permette di adottare come focus il benessere delle persone e la capacità di svilupparsi come migliori cittadini e cittadine possibili all’interno e con le comunità di riferimento. Esiste poi un contributo specifico che ha fornito la psicologia positiva nel campo del cambiamento di visione in persone che hanno commesso reati. Come riportato da Wright e Lopez (2002), la psicologia positiva ha ribaltato il tradizionale approccio volto alla ricerca di deficit e patologie, muovendosi piuttosto verso l’individuazione dei possibili punti di forza. In chiave sociale, le risorse positive sono importanti perché favoriscono il superamento di credenze e sentimenti dispregiativi nei confronti di chi ha commesso reato, evitando i processi di etichettamento e di co-costruzione di una identità prevalentemente deviante. Ancora, accrescere l’autostima permette il raggiungimento di obiettivi individuali o socialmente desiderabili, per esempio a scuola o a lavoro, e l’evitamento di condotte devianti, come per esempio la dipendenza da sostanze, e di altri comportamenti dannosi per sé e gli altri (Hewitt, 2002). Altre variabili come la resilienza permettono di contrastare e superare tutti quei fattori di rischio che spesso sono stati collegati alla maggiore probabilità di commettere crimini (lutti, povertà, etc.) e la speranza e l’ottimismo per esempio permettono di vedere molteplici strade alla risoluzione delle proprie difficoltà o alle proprie forme di realizzazione personale. Sono tutti concetti attuali e centrali nel lavoro di professionisti/e del counseling.

Lavorare in ottica preventiva sulle variabili della psicologia positiva permette in definitiva di operare sul benessere delle persone, valorizzando le risorse e i comportamenti orientati sia al loro sviluppo sia alla relazione con gli altri, all’adattamento migliore possibile ai contesti, diminuendo la probabilità che le persone vivano condizioni di malessere e agiscano comportamenti auto ed etero-dannegganti. Se analizziamo il ruolo del coraggio, appare ancor più evidente come esso ben si adatti allo stesso tempo sia al supporto delle scelte di carriera, sia all’intervento nella giustizia, sia al lavoro in ottica comunitaria. Il coraggio, già contrapposto da Zimbardo alla “banalità del male”, rappresenta le “forze del bene” per contrastare visioni stereotipate della realtà, mettere a disposizione del mondo e dell’umanità il proprio miglior Sé, agire in modo pro-sociale per combattere l’accettazione acritica, l’apatia pubblica e l’indifferenza, favorire i comportamenti prosociali. La valenza del coraggio consiste in una forma di “devianza positiva” perché non conforme alle aspettative condivise (consuetudini, norme non scritte etc.) per un fine di maggiore valore. Come riportano Spreitzer e Sonenshein (2003), permette di combattere stereotipi e pregiudizi che spesso ostacolano il cambiamento e la trasformazione delle persone. Il coraggio, e di conseguenza i comportamenti coraggiosi “in relazione”, facilitano le persone nell’essere più pronte ad affrontare rischi, precarietà, incertezza e instabilità, sensazioni queste aggravate anche dai processi di etichettamento sociale e di esclusione. Il coraggio, richiama la nostra responsabilità a occuparci dell’umanità e ad essere degli “eroi del quotidiano”, promuovendo nuove visioni delle realtà e, di conseguenza, nuove modalità di pensare e agire nel sociale anche come professionisti dell’orientamento.

In definitiva, tutte le variabili della psicologia positiva promuovono benessere, dando modo a chi opera all’interno della visione trasformativa della giustizia riparativa di poter supportare processi di cambiamento all’interno delle comunità di riferimento e contrastare le varie forme di vulnerabilità strutturali e transitorie. Counselor e operatori/operatrici, che adottano come modalità di lavoro la visione trasformativa della restorative justice, possono agire in vista di quel cambiamento interiore e della comunità di riferimento citato in precedenza. Orientamento e visione trasformativa della giustizia riparativa possono essere in grado di generare modelli virtuosi di cambiamento in una prospettiva di sostenibilità per tutte le componenti della società, colmando quel gap di professionalità attualmente presente nei processi di inserimento e reinserimento formativo e lavorativo. Si potrebbero adottare a tal fine nei nostri modelli di intervento prospettive positive considerato che le restorative practices si sono mostrate decisive per attivare le risorse nelle persone e nei loro contesti di appartenenza (famiglia, amici, lavoro, scuola, servizi, comunità, etc.) (Patrizi et al, 2016) e che le variabili della psicologia positiva appaiono strumento irrinunciabile per accrescere il loro benessere di vita e di carriera come dimostrano le ormai numerose ricerche in merito. La psicologia positiva, inoltre, si focalizza sul fatto che le persone possono cambiare e adattarsi, puntando sulle loro risorse psico-socio-relazionali, pietre miliari e al contempo fondamenta dei processi trasformativi della giustizia riparativa. Il lavoro su tali risorse, in chiave sia di intervento individuale/gruppale sia di sensibilizzazione comunitaria, faciliterebbe inoltre la possibile decostruzione di stereotipi e pregiudizi che costituiscono spesso la principale barriera che esclude e limita i percorsi di carriera e il benessere inclusivo.

A breve sarà pubblicato un capitolo “Supportare la costruzione di progetti di vita e di carriera inclusivi, solidali, sostenibili” nel testo a cura di Soresi, Nota e Santilli (in press.), dove descriveremo nel dettaglio alcune delle azioni dell’Università di Sassari, in collaborazione con la propria rete, che nel tempo ha deciso di facilitare e supportare le traiettorie di vita e di carriera delle persone in specifiche condizioni di vulnerabilità. Si approfondiranno interventi e riflessioni sul counseling come strumento di accompagnamento allo sviluppo dei progetti professionali nel contesto carcerario e all’interno di cooperative sociali che si occupano di problematiche legate alla dipendenza di sostanze o di minori che sono venuti a contatto con il sistema giustizia. L’obiettivo comune è quello dell’inclusione attraverso il coinvolgimento della comunità e di tutte le parti interessate e la conseguente sensibilizzazione alla valenza dei percorsi di carriera nei percorsi di reinserimento, elementi imprescindibili per un effettivo e significativo impatto delle azioni di orientamento in condizioni di vulnerabilità. Spesso, infatti, causa del “fallimento” di tali percorsi è il mancato superamento di stereotipi e barriere culturali all’interno della comunità di riferimento che ostacolano il reinserimento formativo e professionale delle persone che hanno incontrato il sistema giustizia nel loro percorso di vita. Centrale nel capitolo citato è il riferimento al possibile contributo dell’orientamento e del counseling per attivare, in linea con gli obiettivi dell’agenda 2030, buone pratiche di sviluppo sociale ed educativo sostenibile. Finalità più ampia è la promozione del benessere di persone e comunità. L’obiettivo in tali contesti consiste nel creare spazi dove possano convergere gli interventi tra Restorative Justice e orientamento, generando nuovi concetti e nuovi strumenti in grado di promuovere benessere nelle persone e nelle loro comunità di riferimento e contrastare le sempre più estese forme di vulnerabilità.

 

(da SIO-online.it)


Pubblicato il report di Veneto Lavoro sulla condizione dei lavoratori disabili nel territorio

Al 31 dicembre 2018 le persone con disabilità occupate in Veneto risultano complessivamente 36.876, di cui 7.839 in provincia di Padova (21%), 7.051 in quella di Vicenza (19%), 6.651 a Verona (18%), 6.502 a Treviso (18%), 5.786 a Venezia (16%), 1.734 a Belluno (5%) e 1.313 a Rovigo (3%). Si tratta prevalentemente di uomini (59%) di età avanzata (63% con più di 50 anni) e con una percentuale di disabilità inferiore al 66%. Risultano per la quasi totalità assunti con contratto a tempo indeterminato (93%), con qualifica di impiegato (30%) e nel settore dei servizi (53%). Uno su tre è occupato con contratto a part time (32%). L’industria occupa il 46% delle persone con disabilità, il solo metalmeccanico ne occupa il 27%. Le donne rappresentano oltre la metà degli occupati disabili nei settori del commercio e tempo libero, nei servizi alla persona e in altri comparti del terziario, mentre hanno quote inferiori a un quarto degli occupati nelle industrie estrattive, nelle costruzioni, nel metalmeccanico. Il 76% è occupato nel settore privato, uno su quattro in quello pubblico.

È quanto emerge dal report dell’Osservatorio del Mercato del Lavoro di Veneto Lavoro, i cui risultati, pur avendo un carattere di provvisorietà, consentono di delineare il quadro dell’inclusione lavorativa delle persone con disabilità in Veneto.

La normativa vigente stabilisce che tutti i datori di lavoro con almeno 15 dipendenti sono obbligati ad assumere un numero di disabili (quota di riserva) in funzione della dimensione d’impresa: 1 disabile da 15 a 35 dipendenti, 2 disabili da 36 a 50 dipendenti, 7% dei lavoratori occupati da 51 dipendenti in su. Sono tuttavia previste condizioni di esonero o sospensioni, ad esempio per le imprese in crisi, e compensazioni territoriali per imprese multilocalizzate. La gestione dell’obbligo, inoltre, può avvenire mediante la stipula di apposite convenzioni con strutture pubbliche competenti o affidando commesse di lavoro alle cooperative sociali di tipo B (composte per almeno il 30% da lavoratori in condizioni di svantaggio).

Le aziende che occupano lavoratori disabili in Veneto risultano complessivamente 17.722. Di queste, solo 10.989 sono tenute all’obbligo di assunzione, per un totale di posti riservati alle persone con disabilità (“riserva”) pari a 42.727 posizioni lavorative, di cui 27.597 coperte. Circa un migliaio di posizioni lavorative coperte da lavoratori con disabilità riguardano invece quasi 7 mila aziende non tenute all’obbligo. I posti scoperti risultano così 14.189, per un tasso di scopertura, ovvero rapporto tra posizioni scoperte e posizioni riservate, pari al 33%. Delle quasi 11 mila imprese tenute all’obbligo, 6 mila (il 55%) hanno assolto l’obbligo di assunzione, mentre 2.800 (25% del totale), prevalentemente di piccole dimensioni e con una sola posizione riservata, hanno un tasso di scopertura del 100%. Al netto di esoneri, convenzioni e altri strumenti di compensazione le posizioni scoperte si riducono però a 7.710, per un tasso di scopertura netto che scende al 18%, con variazioni territoriali comprese tra il 22% di Venezia e il 12% di Belluno e Rovigo. A questo risultato contribuisce anche l’attività di convenzione tra Centri per l’Impiego e aziende, realizzata attraverso diversi strumenti e che rappresenta una caratteristica peculiare del sistema dei servizi per il lavoro del Veneto.

Tra gli strumenti attivati a livello regionale per agevolare l’integrazione lavorativa delle persone con disabilità si annoverano gli stage aziendali, che nel periodo di attuazione consentono all’azienda ospitante di poterli considerare nel computo delle posizioni coperte. Nel triennio 2016-2018 gli stage attivati ai fini dell’integrazione lavorativa sono stati complessivamente circa 1.700. Il 62% degli stagisti ha avuto un contratto di lavoro con l’azienda ospitante a seguito del tirocinio, il 15% dei quali a tempo indeterminato. Un altro rilevante intervento per favorire la partecipazione attiva e l’accesso al mercato del lavoro da parte delle persone con disabilità iscritte alle liste di collocamento mirato è stato finanziato nel 2017 dalla Regione del Veneto e prevedeva azioni di informazione e orientamento, formazione e accompagnamento al lavoro. La misura ha coinvolto oltre 7 mila persone, di cui il 45% era rappresentato da donne, e il 23% di queste risultava aver instaurato un rapporto di lavoro dipendente entro 12 mesi dalla conclusione del percorso.

disabili in condizione di disoccupazione e iscritti al collocamento mirato al 31 dicembre 2018 risultano 28.908, di cui circa 2.000 con uno stage in corso e 1.400 con un rapporto di lavoro aperto compatibile con il mantenimento dello stato di disoccupazione. Si tratta prevalentemente di maschi (57%), italiani (91%), con età superiore ai 30 anni (91%) e una distribuzione sostanzialmente omogenea sul territorio regionale. Si tratta, come per la generalità degli utenti iscritti ai Centri per l’Impiego, di un numero sovrastimato in quanto in molti casi non viene segnalato agli operatori un passaggio dalla disoccupazione all’inattività o alla professione autonoma (pensionamenti, condizioni di salute, limiti di età ecc.). Negli ultimi tre anni il flusso di iscrizioni è pari a circa 5.500 l’anno, di cui circa 4.000 iscritti per la prima volta. Entro 12 mesi il 61% degli iscritti ha avviato un rapporto di lavoro o un tirocinio, il 37% entro tre mesi.

Nonostante dai dati emerga come il monitoraggio della condizione lavorativa e della ricerca di occupazione da parte delle persone con disabilità sia ancora un cantiere aperto, è possibile trarre alcune considerazioni conclusive. In primo luogo, la presenza di oltre un migliaio di lavoratori con disabilità anche nelle aziende non tenute all’obbligo mostra un rilevante passo avanti culturale, anche per merito delle misure di orientamento, formazione, inserimento lavorativo e tirocinio sperimentate in questi anni. I Centri per l’Impiego pubblici possono svolgere un ruolo di supporto importante, sia per le imprese che per i lavoratori con disabilità, ancor più oggi che sono garantiti servizi e procedure uniformi e omogenee su tutto il territorio regionale. Il rispetto della normativa va inoltre perseguito con tutti gli strumenti economici e operativi disponibili, nonché con azioni di sensibilizzazione, testimonianze positive e interventi di formazione da tenersi nei CPI sul tema del disability management. Si rende infine necessario un tentativo di rispondere non solo ai bisogni presenti dei lavoratori disabili, ma anche al quesito sul futuro che si pongono le famiglie delle persone con disabilità, il “cosa accadrà dopo di noi”, che rappresenta una sfida sia in termini di inclusione lavorativa che di risposta sociale.

Scarica il Rapporto Misura 87_disabili


Siamo partiti!

Insieme a oltre ottanta persone abbiamo finalmente dato il via alle attività di Indeep, la scuola di formazione per le professioni sociali.

A breve verranno pubblicate le prime proposte formative e, nel corso del 2020, verrà via via arricchita l’offerta della scuola, con corsi di base e di livello più avanzato, sempre con l’obiettivo di offrire, insieme a elementi teorici e concettuali, anche strumenti pratici e occasioni di scambio di punti di vista ed esperienze.

Abbiamo avuto il privilegio di inaugurare le attività con due tavoli di relatori che rappresentano anche molti dei partner che saranno coinvolti nei percorsi formativi e nelle attività di consulenza di Indeep, a cui abbiamo chiesto di intervenire sui temi del lavoro sociale e della crescita inclusiva.

Dopo l’apertura di Irene Pastore, responsabile di Indeep e i saluti portati dall’amministrazione comunale attraverso le parole del vice-sindaco Arturo Lorenzoni, che è voluto essere presente all’incontro insieme alle assessore Marta Nalin, Chiara Gallani e Francesca Bencioli, i lavori sono stati avviati dall’intervento di Marco Piccolo della Fondazione Finanza Etica (Banca Etica) che ha ospitato l’evento nella sua sede di via Cairoli, nella sala intitolata a Peppino Impastato.

La discussione, coordinata dall’Avv. Marco Ferrero, ha visto coinvolti gli ordini professionali di psicologi, avvocati, assistenti sociali e giornalisti, rappresentati rispettivamente da Lisa Gamba, Carola Rossato, Eleonora Zini e Antonella Scambia, a cui si è aggiunta la voce di Paolo Robazza, fondatore di Beyond Architecture Group e collaboratore della Fondazione Innovazione Urbana di Bologna. Ne è emerso un quadro profondamente eterogeneo, segnato dal senso di spaesamento che caratterizza il presente e che, insieme alla mancanza di risorse e alle insicurezze lavorative, mette tutte le professioni, non solo quelle rappresentate nel corso dell’incontro, di fronte a sfide che solo la capacità di reinventarsi può contribuire ad affrontare.

Un orizzonte fatto di competenze specialistiche, ibridate necessariamente a competenze strategiche: questo invece il comune denominatore della seconda parte del pomeriggio, coordinata da Nicola Grigion, che  ha visto coinvolti Laura Nota, pro-rettrice all’inclusione dell’Università di Padova, Giovanni Bertin, docente di governance delle politiche pubbliche presso l’Università di Venezia, Gianfranco Bonesso, ex responsabile del Servizio Immigrazione e Cittadinanza del Comune di Venezia e Luisa Balestra, di Veneto Responsabile. Se la classica dicotomia tra pubblico e privato ha da tempo lasciato spazio ad un nuovo paradigma, che coinvolge Enti locali, organizzazioni Profit e Non Profit, intorno all’interesso pubblico, questo nuovo scenario deve necessariamente essere abitato da figure del lavoro sociale capaci di reinterpretare il loro ruolo, assumendo l’ibrido come terreno di lavoro.

Ma il nostro più grande privilegio è stato quello di aver potuto contare sulla presenza di una platea qualificata e altamente competente, fatta di amministratori (oltre a quelli padovani anche il Sindaco del Comune di Santorso Franco Balzi ha voluto partecipare all’evento) e tanti educatori, avvocati, insegnanti, esponenti del Terzo Settore e dell’Associazionismo, operatori di diversi settori, docenti universitari e dirigenti pubblici.

Ora l’appuntamento è alle prossime settimane con la pubblicazione del programma del primo percorso formativo, che sarà dedicato ai temi dell’orientamento e dell’inclusione lavorativa. A questo seguiranno due proposte sui temi della rigenerazione urbana e architettura sociale e sulla tutela e la presa in carico dei minori stranieri non accompagnati, in attesa del programma definitivo della scuola.

Intanto, un grazie a tutti quelli che sono stati con noi e a tutti gli altri che avrebbero voluto esserci!


LAVORO SOCIALE E CRESCITA INCLUSIVA

Bisogni e sfide per un lavoro sociale che trasforma la realtà 

Venerdì 15 novembre 2019

dalle ore 14.00 alle ore 18.00

Sala Peppino Impastato, Banca Etica, via Cairoli 11, Padova

La crisi del lavoro sociale, delle sue istituzioni e delle sue professioni, ma anche le spinte inedite e sempre più insistenti per una società più equa, etica, inclusiva e sostenibile, interrogano la nostra capacità di raccogliere le complesse sfide che ci propone il presente.

Ne discuteremo cercando di offrire punti di vista non scontati e prospettive differenti, insieme al mondo dell’Università e dell’impresa, ad esperti del Terzo Settore e del Lavoro sociale, a rappresentanti di Enti locali e Ordini professionali, in un pomeriggio di confronto che sarà anche l’occasione per dare il via alle attività di Indeep, la nuova Scuola di alta formazione per le professioni sociali.

Registrati. Potremo riservarti un posto.

 

Il programma:

ore 14.00 – 14.15
Accoglienza dei partecipanti

Saluti istituzionali

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ore 14.15 – 14.30
Introduzione ai lavori
Marco Piccolo
Presidente Fondazione Finanza Etica
Banca Etica

__

ore 14.30 – 16.15
Panel 1.
Professioni sociali e professionisti nel sociale: ruolo, etica e responsabilità

Carola Rossato
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Padova

Eleonora Zini
Consiglio dell’Ordine degli Assistenti Sociali del Veneto

Lisa Gamba
Consiglio dell’Ordine degli Psicologi del Veneto

Antonella Scambia
Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti del Veneto

Paolo Robazza
Beyond Architecture Group

Modera
Marco Ferrero
Co-founder di Indeep

__

ore 16.15 – 16.30
Pausa

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ore 16.30 – 18.00
Panel 2. Le istituzioni del sociale: una sfida per tutti?

Laura Nota
Pro-rettrice con delega all’Inclusione dell’Università di Padova

Giovanni Bertin
Docente in Governance delle istituzioni pubbliche all’Università di Venezia

Gianfranco Bonesso
ex responsabile del servizio Immigrazione e Cittadinanza del Comune di Venezia

Luisa Balestra
Direttrice di Veneto Responsabile

Modera
Nicola Grigion
Co-founder di Indeep

 

“a volte la soluzione
si trova oltre le possibilità conosciute
per questo è quella giusta”

 

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Questo incontro risponde agli obiettivi dell’Agenda 2030

 

 

 

 


DECRETO LEGISLATIVO 3 luglio 2017, n. 117

Codice del Terzo settore, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106. (17G00128)

(GU n.179 del 2-8-2017 – Suppl. Ordinario n. 43)

Vigente al: 3-8-2017

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione;

Vista la legge 6 giugno 2016, n. 106, recante delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale ed in particolare l’articolo 1, comma 2, lettera b), che prevede il riordino e la revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo settore di cui al comma 1 del medesimo articolo, compresa la disciplina tributaria applicabile a tali enti, mediante la redazione di un apposito Codice del Terzo settore;

Visti gli articoli 2, 3, 4, 5, 7 e 9 della citata legge, recanti i principi e i criteri direttivi, generali e particolari, di esercizio della delega relativa alla riforma del Terzo settore;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 12 maggio 2017;

Udito il parere del Consiglio di Stato espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi nell’adunanza del 31 maggio 2017; Vista la mancata intesa in sede di Conferenza unificata, nella seduta del 20 giugno 2017;

Acquisiti i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 28 giugno 2017;

Sulla proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;

E m a n a il seguente decreto legislativo:

Titolo I 
DISPOSIZIONI GENERALI 
Art. 1 
Finalita’ ed oggetto 

1. Al fine di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 4, 9, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione, il presente Codice provvede al riordino e alla revisione organica della disciplina vigente in materia di enti del Terzo settore.

Art. 2 
Principi generali 

1. E’ riconosciuto il valore e la funzione sociale degli enti del Terzo settore, dell’associazionismo, dell’attivita’ di volontariato e della cultura e pratica del dono quali espressione di partecipazione, solidarieta’ e pluralismo, ne e’ promosso lo sviluppo salvaguardandone la spontaneita’ ed autonomia, e ne e’ favorito l’apporto originale per il perseguimento di finalita’ civiche, solidaristiche e di utilita’ sociale, anche mediante forme di collaborazione con lo Stato, le Regioni, le Province autonome e gli enti locali.

 
Art. 3 
Norme applicabili 

1. Le disposizioni del presente Codice si applicano, ove non derogate ed in quanto compatibili, anche alle categorie di enti del Terzo settore che hanno una disciplina particolare.

2. Per quanto non previsto dal presente Codice, agli enti del Terzo settore si applicano, in quanto compatibili, le norme del Codice civile e le relative disposizioni di attuazione.

3. Salvo quanto previsto dal Capo II del Titolo VIII, le disposizioni del presente Codice non si applicano agli enti di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153.

Titolo II 
DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE IN GENERALE
Art. 4 
Enti del Terzo settore 

1. Sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore. (1)

2. Non sono enti del Terzo settore le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti, ad esclusione dei soggetti operanti nel settore della protezione civile alla cui disciplina si provvede ai sensi dell’articolo 32, comma 4. Sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente comma i corpi volontari dei vigili del fuoco delle Province autonome di Trento e di Bolzano e della Regione autonoma della Valle d’Aosta. Sono altresì escluse dall’ambito di applicazione del presente comma le associazioni o fondazioni di diritto privato ex Ipab derivanti dai processi di trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza o beneficenza, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 febbraio 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 1990, e del decreto legislativo 4 maggio 2001, n. 207, in quanto la nomina da parte della pubblica amministrazione degli amministratori di tali enti si configura come mera designazione, intesa come espressione della rappresentanza della cittadinanza, e non si configura quindi mandato fiduciario con rappresentanza, sicché è sempre esclusa qualsiasi forma di controllo da parte di quest’ultima. (2)

3. Agli enti religiosi civilmente riconosciuti le norme del presente decreto si applicano limitatamente allo svolgimento delle attività di cui all’articolo 5, a condizione che per tali attività adottino un regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, che, ove non diversamente previsto ed in ogni caso nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, recepisca le norme del presente Codice e sia depositato nel Registro unico nazionale del Terzo settore. Per lo svolgimento di tali attività deve essere costituito un patrimonio destinato e devono essere tenute separatamente le scritture contabili di cui all’articolo 13.

(1) Comma così modificato dall’ art. 2, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(2) Comma così modificato dall’ art. 11-sexies, comma 2, D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 febbraio 2019, n. 12.

 
Art. 5 
Attivita’ di interesse generale 

1. Gli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali incluse le cooperative sociali, esercitano in via esclusiva o principale una o più attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Si considerano di interesse generale, se svolte in conformità alle norme particolari che ne disciplinano l’esercizio, le attività aventi ad oggetto:

a) interventi e servizi sociali ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2, della legge 8 novembre 2000, n. 328, e successive modificazioni, e interventi, servizi e prestazioni di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, e alla legge 22 giugno 2016, n. 112, e successive modificazioni;

b) interventi e prestazioni sanitarie;

c) prestazioni socio-sanitarie di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001, e successive modificazioni;

d) educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53, e successive modificazioni, nonché le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa;

e) interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi, nonché alla tutela degli animali e prevenzione del randagismo, ai sensi della legge 14 agosto 1991, n. 281; (1)

f) interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni;

g) formazione universitaria e post-universitaria;

h) ricerca scientifica di particolare interesse sociale;

i) organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato e delle attività di interesse generale di cui al presente articolo;

j) radiodiffusione sonora a carattere comunitario, ai sensi dell’articolo 16, comma 5, della legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni;

k) organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso;

l) formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo, alla prevenzione del bullismo e al contrasto della povertà educativa;

m) servizi strumentali ad enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non inferiore al settanta per cento da enti del Terzo settore;

n) cooperazione allo sviluppo, ai sensi della legge 11 agosto 2014, n. 125, e successive modificazioni;

o) attività commerciali, produttive, di educazione e informazione, di promozione, di rappresentanza, di concessione in licenza di marchi di certificazione, svolte nell’ambito o a favore di filiere del commercio equo e solidale, da intendersi come un rapporto commerciale con un produttore operante in un’area economica svantaggiata, situata, di norma, in un Paese in via di sviluppo, sulla base di un accordo di lunga durata finalizzato a promuovere l’accesso del produttore al mercato e che preveda il pagamento di un prezzo equo, misure di sviluppo in favore del produttore e l’obbligo del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle normative nazionali ed internazionali, in modo da permettere ai lavoratori di condurre un’esistenza libera e dignitosa, e di rispettare i diritti sindacali, nonché di impegnarsi per il contrasto del lavoro infantile;

p) servizi finalizzati all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori e delle persone di cui all’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale, di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c), della legge 6 giugno 2016, n. 106;

q) alloggio sociale, ai sensi del decreto del Ministero delle infrastrutture del 22 aprile 2008, e successive modificazioni, nonché ogni altra attività di carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi;

r) accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti;

s) agricoltura sociale, ai sensi dell’articolo 2 della legge 18 agosto 2015, n. 141, e successive modificazioni;

t) organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche;

u) beneficenza, sostegno a distanza, cessione gratuita di alimenti o prodotti di cui alla legge 19 agosto 2016, n. 166, e successive modificazioni, o erogazione di denaro, beni o servizi a sostegno di persone svantaggiate o di attività di interesse generale a norma del presente articolo;

v) promozione della cultura della legalità, della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata;

w) promozione e tutela dei diritti umani, civili, sociali e politici, nonché dei diritti dei consumatori e degli utenti delle attività di interesse generale di cui al presente articolo, promozione delle pari opportunità e delle iniziative di aiuto reciproco, incluse le banche dei tempi di cui all’articolo 27 della legge 8 marzo 2000, n. 53, e i gruppi di acquisto solidale di cui all’articolo 1, comma 266, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;

x) cura di procedure di adozione internazionale ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184;

y) protezione civile ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni;

z) riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.

2. Tenuto conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 6 giugno 2016, n. 106, nonché delle finalità e dei principi di cui agli articoli 1 e 2 del presente Codice, l’elenco delle attività di interesse generale di cui al comma 1 può essere aggiornato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti, che si esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione del decreto, decorsi i quali quest’ultimo può essere comunque adottato.

(1) Lettera così modificata dall’ art. 3, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Art. 6 
Attivita’ diverse 

1. Gli enti del Terzo settore possono esercitare attivita’ diverse da quelle di cui all’articolo 5, a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e siano secondarie e strumentali rispetto alle attivita’ di interesse generale, secondo criteri e limiti definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Cabina di regia di cui all’articolo 97, tenendo conto dell’insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate in tali attivita’ in rapporto all’insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate nelle attivita’ di interesse generale.

 
Art. 7 
Raccolta fondi 

1. Per raccolta fondi si intende il complesso delle attivita’ ed iniziative poste in essere da un ente del Terzo settore al fine di finanziare le proprie attivita’ di interesse generale, anche attraverso la richiesta a terzi di lasciti, donazioni e contributi di natura non corrispettiva.

2. Gli enti del Terzo settore, possono realizzare attivita’ di raccolta fondi anche in forma organizzata e continuativa, anche mediante sollecitazione al pubblico o attraverso la cessione o erogazione di beni o servizi di modico valore, impiegando risorse proprie e di terzi, inclusi volontari e dipendenti, nel rispetto dei principi di verita’, trasparenza e correttezza nei rapporti con i sostenitori e il pubblico, in conformita’ a linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti la Cabina di regia di cui all’articolo 97 e il Consiglio nazionale del Terzo settore.

Art. 8 
Destinazione del patrimonio ed assenza di scopo di lucro 

1. Il patrimonio degli enti del Terzo settore, comprensivo di eventuali ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate e’ utilizzato per lo svolgimento dell’attivita’ statutaria ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalita’ civiche, solidaristiche e di utilita’ sociale.

2. Ai fini di cui al comma 1, e’ vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo.

3. Ai sensi e per gli effetti del comma 2, si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili:

a) la corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all’attivita’ svolta, alle responsabilita’ assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni;

b) la corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessita’ di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attivita’ di interesse generale di cui all’articolo 5, comma 1, lettere b), g) o h);

c) l’acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale;

d) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni piu’ favorevoli di quelle di mercato, a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l’organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell’organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonche’ alle societa’ da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, esclusivamente in ragione della loro qualita’, salvo che tali cessioni o prestazioni non costituiscano l’oggetto dell’attivita’ di interesse generale di cui all’articolo 5;

e) la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di quattro punti al tasso annuo di riferimento. Il predetto limite puo’ essere aggiornato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 
Art. 9 
Devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento 

1. In caso di estinzione o scioglimento, il patrimonio residuo e’ devoluto, previo parere positivo dell’Ufficio di cui all’articolo 45, comma 1, e salva diversa destinazione imposta dalla legge, ad altri enti del Terzo settore secondo le disposizioni statutarie o dell’organo sociale competente o, in mancanza, alla Fondazione Italia Sociale. Il parere e’ reso entro trenta giorni dalla data di ricezione della richiesta che l’ente interessato e’ tenuto a inoltrare al predetto Ufficio con raccomandata a/r o secondo le disposizioni previste dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, decorsi i quali il parere si intende reso positivamente. Gli atti di devoluzione del patrimonio residuo compiuti in assenza o in difformita’ dal parere sono nulli.

Art. 10 
Patrimoni destinati ad uno specifico affare 

1. Gli enti del Terzo settore dotati di personalita’ giuridica ed iscritti nel registro delle imprese possono costituire uno o piu’ patrimoni destinati ad uno specifico affare ai sensi e per gli effetti degli articoli 2447-bis e seguenti del codice civile.

Art. 11 
Iscrizione 

1. Gli enti del Terzo settore si iscrivono nel registro unico nazionale del Terzo settore ed indicano gli estremi dell’iscrizione negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico. 2. Oltre che nel registro unico nazionale del Terzo settore, gli enti del Terzo settore che esercitano la propria attivita’ esclusivamente o principalmente in forma di impresa commerciale sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese. 3. Per le imprese sociali, l’iscrizione nell’apposita sezione del registro delle imprese soddisfa il requisito dell’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore.

Art. 12 
Denominazione sociale 

1. La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l’indicazione di ente del Terzo settore o l’acronimo ETS.
Di tale indicazione deve farsi uso negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli enti di cui all’articolo 4, comma 3.

3. L’indicazione di ente del Terzo settore o dell’acronimo ETS, ovvero di parole o locuzioni equivalenti o ingannevoli, non puo’ essere usata da soggetti diversi dagli enti del Terzo settore.

Art. 13 
Scritture contabili e bilancio 

1. Gli enti del Terzo settore devono redigere il bilancio di esercizio formato dallo stato patrimoniale, dal rendiconto gestionale, con l’indicazione, dei proventi e degli oneri, dell’ente, e dalla relazione di missione che illustra le poste di bilancio, l’andamento economico e gestionale dell’ente e le modalità di perseguimento delle finalità statutarie (1).

2. Il bilancio degli enti del Terzo settore con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate inferiori a 220.000,00 euro può essere redatto nella forma del rendiconto per cassa. (2)

3. Il bilancio di cui ai commi 1 e 2 deve essere redatto in conformità alla modulistica definita con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il consiglio nazionale del terzo settore.

4. Gli enti del Terzo settore che esercitano la propria attività esclusivamente o principalmente in forma di impresa commerciale devono tenere le scritture contabili di cui all’articolo 2214 del codice civile.

5. Gli enti del Terzo settore di cui al comma 4 devono redigere e depositare presso il registro delle imprese il bilancio di esercizio redatto, a seconda dei casi, ai sensi degli articoli 2423 e seguenti, 2435-bis o 2435-ter del codice civile.

6. L’organo di amministrazione documenta il carattere secondario e strumentale delle attività di cui all’articolo 6 a seconda dei casi, nella relazione di missione o in una annotazione in calce al rendiconto per cassa o nella nota integrativa al bilancio. (3)

7. Gli enti del Terzo settore non iscritti nel registro delle imprese devono depositare il bilancio presso il registro unico nazionale del Terzo settore.

(1) Comma così modificato dall’ art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(2) Comma così modificato dall’ art. 4, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(3) Comma così modificato dall’ art. 4, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Art. 14 
Bilancio sociale 

1. Gli enti del Terzo settore con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate superiori ad 1 milione di euro devono depositare presso il registro unico nazionale del Terzo settore, e pubblicare nel proprio sito internet, il bilancio sociale redatto secondo linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti la Cabina di regia di cui all’articolo 97 e il Consiglio nazionale del Terzo settore, e tenendo conto, tra gli altri elementi, della natura dell’attivita’ esercitata e delle dimensioni dell’ente, anche ai fini della valutazione dell’impatto sociale delle attivita’ svolte.

2. Gli enti del Terzo settore con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate superiori a centomila euro annui devono in ogni caso pubblicare annualmente e tenere aggiornati nel proprio sito internet, o nel sito internet della rete associativa di cui all’articolo 41 cui aderiscano, gli eventuali emolumenti, compensi o corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti nonche’ agli associati.

Art. 15 
Libri sociali obbligatori 

1. Oltre le scritture prescritte negli articoli 13, 14 e 17, comma 1, gli enti del Terzo settore devono tenere:

a) il libro degli associati o aderenti;

b) il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, in cui devono essere trascritti anche i verbali redatti per atto pubblico;

c) il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’organo di amministrazione, dell’organo di controllo, e di eventuali altri organi sociali.

2. I libri di cui alle lettere a) e b) del comma 1, sono tenuti a cura dell’organo di amministrazione. I libri di cui alla lettera c)
del comma 1, sono tenuti a cura dell’organo cui si riferiscono.

3. Gli associati o gli aderenti hanno diritto di esaminare i libri sociali, secondo le modalita’ previste dall’atto costitutivo o dallo statuto.

4. Il comma 3 non si applica agli enti di cui all’articolo 4, comma 3.

Art. 16 
Lavoro negli enti del Terzo settore 

1. I lavoratori degli enti del Terzo settore hanno diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In ogni caso, in ciascun ente del Terzo settore, la differenza retributiva tra lavoratori dipendenti non puo’ essere superiore al rapporto uno a otto, da calcolarsi sulla base della retribuzione annua lorda. Gli enti del Terzo settore danno conto del rispetto di tale parametro nel proprio bilancio sociale o, in mancanza, nella relazione di cui all’articolo 13, comma 1.

Titolo III 
DEL VOLONTARIO E DELL’ATTIVITA’ DI VOLONTARIATO
Art. 17 
Volontario e attivita’ di volontariato 

1. Gli enti del Terzo settore possono avvalersi di volontari nello svolgimento delle proprie attività e sono tenuti a iscrivere in un apposito registro i volontari che svolgono la loro attività in modo non occasionale.

2. Il volontario è una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà.

3. L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere rimborsate dall’ente del Terzo settore tramite il quale svolge l’attività soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata, entro limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite dall’ente medesimo. Sono in ogni caso vietati rimborsi spese di tipo forfetario.

4. Ai fini di cui al comma 3, le spese sostenute dal volontario possono essere rimborsate anche a fronte di una autocertificazione resa ai sensi dell’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, purché non superino l’importo di 10 euro giornalieri e 150 euro mensili e l’organo sociale competente deliberi sulle tipologie di spese e le attività di volontariato per le quali è ammessa questa modalità di rimborso. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle attività di volontariato aventi ad oggetto la donazione di sangue e di organi.

5. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano agli operatori che prestano attività di soccorso per le organizzazioni di cui all’articolo 76 della legge provinciale 5 marzo 2001, n. 7, della Provincia autonoma di Bolzano e di cui all’articolo 55-bis della legge provinciale 19 luglio 1990, n. 23, della Provincia autonoma di Trento. (1)

6. Ai fini del presente Codice non si considera volontario l’associato che occasionalmente coadiuvi gli organi sociali nello svolgimento delle loro funzioni.

6-bis. I lavoratori subordinati che intendano svolgere attività di volontariato in un ente del Terzo settore hanno diritto di usufruire delle forme di flessibilità di orario di lavoro o delle turnazioni previste dai contratti o dagli accordi collettivi, compatibilmente con l’organizzazione aziendale. (2)

7. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano agli operatori volontari del servizio civile universale, al personale impiegato all’estero a titolo volontario nelle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo, nonché agli operatori che prestano le attività di cui alla legge 21 marzo 2001, n. 74.

(1) Comma così modificato dall’ art. 5, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(2) Comma inserito dall’ art. 5, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Art. 18 
Assicurazione obbligatoria 

1. Gli enti del Terzo settore che si avvalgono di volontari devono assicurarli contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attivita’ di volontariato, nonche’ per la responsabilita’ civile verso i terzi.

2. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente Codice, sono individuati meccanismi assicurativi semplificati, con polizze anche numeriche, e sono disciplinati i relativi controlli.

3. La copertura assicurativa e’ elemento essenziale delle convenzioni tra gli enti del Terzo settore e le amministrazioni pubbliche, e i relativi oneri sono a carico dell’amministrazione pubblica con la quale viene stipulata la convenzione.

 
Art. 19 
Promozione della cultura del volontariato 

1. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nei limiti delle risorse disponibili, promuovono la cultura del volontariato, in particolare tra i giovani, anche attraverso apposite iniziative da svolgere nell’ambito delle strutture e delle attivita’ scolastiche, universitarie ed extrauniversitarie, valorizzando le diverse esperienze ed espressioni di volontariato, anche attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni di volontariato e di altri enti del Terzo settore, nelle attivita’ di sensibilizzazione e di promozione.

2. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca e del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, definisce con decreto i criteri per il riconoscimento in ambito scolastico e lavorativo delle competenze acquisite nello svolgimento di attivita’ o percorsi di volontariato.

3. Ai fini del conseguimento di titoli di studio, le Universita’ possono riconoscere, nei limiti previsti dalla normativa vigente, crediti formativi a favore degli studenti che abbiano svolto attivita’ di volontariato certificate nelle organizzazioni di volontariato o in altri enti del Terzo settore rilevanti per la crescita professionale e per il curriculum degli studi.

4. All’articolo 10, comma 2, della legge 6 marzo 2001, n. 64, dopo le parole «che prestano il servizio civile o il servizio militare di leva», sono inserite le seguenti: «o attivita’ di volontariato in enti del Terzo settore iscritti nel Registro unico nazionale per un numero di ore regolarmente certificate».

Titolo IV 
DELLE ASSOCIAZIONI E DELLE FONDAZIONI DEL TERZO SETTORE 
Capo I 
Disposizioni generali
Art. 20 

 

Ambito di applicazione 

1. Le disposizioni del presente titolo si applicano a tutti gli enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, o di fondazione.

 
Capo II 
Della Costituzione
Art. 21 
Atto costitutivo e statuto 

1. L’atto costitutivo deve indicare la denominazione dell’ente;
l’assenza di scopo di lucro e le finalita’ civiche, solidaristiche e di utilita’ sociale perseguite; l’attivita’ di interesse generale che costituisce l’oggetto sociale; la sede legale il patrimonio iniziale ai fini dell’eventuale riconoscimento della personalita’ giuridica;
le norme sull’ordinamento, l’amministrazione e la rappresentanza dell’ente; i diritti e gli obblighi degli associati, ove presenti; i requisiti per l’ammissione di nuovi associati, ove presenti, e la relativa procedura, secondo criteri non discriminatori, coerenti con le finalita’ perseguite e l’attivita’ di interesse generale svolta;
la nomina dei primi componenti degli organi sociali obbligatori e, quando previsto, del soggetto incaricato della revisione legale dei conti; le norme sulla devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento o di estinzione; la durata dell’ente, se prevista.

2. Lo statuto contenente le norme relative al funzionamento dell’ente, anche se forma oggetto di atto separato, costituisce parte integrante dell’atto costitutivo. In caso di contrasto tra le clausole dell’atto costitutivo e quelle dello statuto prevalgono le seconde.

 
Art. 22 
Acquisto della personalita’ giuridica 

1. Le associazioni e le fondazioni del Terzo settore possono, in deroga al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, acquistare la personalità giuridica mediante l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore ai sensi del presente articolo. (1)

1-bis. Per le associazioni e fondazioni del Terzo settore già in possesso della personalità giuridica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, che ottengono l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore ai sensi delle disposizioni del presente articolo e nel rispetto dei requisiti ivi indicati, l’efficacia dell’iscrizione nei registri delle persone giuridiche di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361 è sospesa fintanto che sia mantenuta l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore. Nel periodo di sospensione, le predette associazioni e fondazioni non perdono la personalità giuridica acquisita con la pregressa iscrizione e non si applicano le disposizioni di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 2000. Dell’avvenuta iscrizione al registro unico nazionale del Terzo settore nonché dell’eventuale successiva cancellazione, è data comunicazione, da parte dell’ufficio di cui all’articolo 45 competente, entro 15 giorni, alla Prefettura o alla Regione o Provincia autonoma competente. (2)

2. Il notaio che ha ricevuto l’atto costitutivo di una associazione o di una fondazione del Terzo settore, o la pubblicazione di un testamento con il quale si dispone una fondazione del Terzo settore, verificata la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per la costituzione dell’ente, ed in particolare dalle disposizioni del presente Codice con riferimento alla sua natura di ente del Terzo settore, nonché del patrimonio minimo di cui al comma 4, deve depositarlo, con i relativi allegati, entro venti giorni presso il competente ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore, richiedendo l’iscrizione dell’ente. L’ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore, verificata la regolarità formale della documentazione, iscrive l’ente nel registro stesso.

3. Se il notaio non ritiene sussistenti le condizioni per la costituzione dell’ente o il patrimonio minimo, ne dà comunicazione motivata, tempestivamente e comunque non oltre il termine di trenta giorni, ai fondatori, o agli amministratori dell’ente. I fondatori, o gli amministratori o, in mancanza ciascun associato, nei trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione del notaio, possono domandare all’ufficio del registro competente di disporre l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore. Se nel termine di sessanta giorni dalla presentazione della domanda l’ufficio del registro non comunica ai richiedenti il motivato diniego, ovvero non chiede di integrare la documentazione o non provvede all’iscrizione, questa si intende negata.

4. Si considera patrimonio minimo per il conseguimento della personalità giuridica una somma liquida e disponibile non inferiore a 15.000 euro per le associazioni e a 30.000 euro per le fondazioni. Se tale patrimonio è costituito da beni diversi dal denaro, il loro valore deve risultare da una relazione giurata, allegata all’atto costitutivo, di un revisore legale o di una società di revisione legale iscritti nell’apposito registro.

5. Quando risulta che il patrimonio minimo di cui al comma 4 è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, l’organo di amministrazione, e nel caso di sua inerzia, l’organo di controllo, ove nominato, devono senza indugio, in un’associazione, convocare l’assemblea per deliberare, ed in una fondazione deliberare la ricostituzione del patrimonio minimo oppure la trasformazione, la prosecuzione dell’attività in forma di associazione non riconosciuta, la fusione o lo scioglimento dell’ente.

6. Le modificazioni dell’atto costitutivo e dello statuto devono risultare da atto pubblico e diventano efficaci con l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore. Il relativo procedimento di iscrizione è regolato ai sensi dei commi 2 e 3.

7. Nelle fondazioni e nelle associazioni riconosciute come persone giuridiche, per le obbligazioni dell’ente risponde soltanto l’ente con il suo patrimonio.

(1) Comma così modificato dall’ art. 6, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(2) Comma inserito dall’ art. 6, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Capo III
Dell’ordinamento e della amministrazione
Art. 23 
Procedura di ammissione e carattere aperto delle associazioni 

1. Se l’atto costitutivo o lo statuto non dispongono diversamente, in un’associazione, riconosciuta o non riconosciuta, del Terzo settore l’ammissione di un nuovo associato e’ fatta con deliberazione dell’organo di amministrazione su domanda dell’interessato. La deliberazione e’ comunicata all’interessato ed annotata nel libro degli associati.

2. Se l’atto costitutivo o lo statuto non dispongono diversamente, l’organo competente ai sensi del comma 1 deve entro sessanta giorni motivare la deliberazione di rigetto della domanda di ammissione e comunicarla agli interessati.

3. Se l’atto costitutivo o lo statuto non dispongono diversamente, chi ha proposto la domanda puo’ entro sessanta giorni dalla comunicazione della deliberazione di rigetto chiedere che sull’istanza si pronunci, l’assemblea o un altro organo eletto dalla medesima, che deliberano sulle domande non accolte, se non appositamente convocati, in occasione della loro successiva convocazione.

4. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche alle fondazioni del Terzo settore il cui statuto preveda la costituzione di un organo assembleare o di indirizzo, comunque denominato, in quanto compatibili ed ove non derogate dallo statuto.

 
Art. 24 
Assemblea 

1. Nell’assemblea delle associazioni, riconosciute o non riconosciute, del Terzo settore hanno diritto di voto tutti coloro che sono iscritti da almeno tre mesi nel libro degli associati, salvo che l’atto costitutivo o lo statuto non dispongano diversamente.

2. Ciascun associato ha un voto. Agli associati che siano enti del Terzo settore l’atto costitutivo o lo statuto possono attribuire piu’ voti, sino ad un massimo di cinque, in proporzione al numero dei loro associati o aderenti. Si applica l’articolo 2373 del codice civile, in quanto compatibile.

3. Se l’atto costitutivo o lo statuto non dispongono diversamente, ciascun associato puo’ farsi rappresentare nell’assemblea da un altro associato mediante delega scritta, anche in calce all’avviso di convocazione. Ciascun associato puo’ rappresentare sino ad un massimo di tre associati nelle associazioni con un numero di associati inferiore a cinquecento e di cinque associati in quelle con un numero di associati non inferiore a cinquecento. Si applicano i commi quarto e quinto dell’articolo 2372 del codice civile, in quanto compatibili.
4. L’atto costitutivo o lo statuto possono prevedere l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione ovvero l’espressione del voto per corrispondenza o in via elettronica, purche’ sia possibile verificare l’identita’ dell’associato che partecipa e vota.

5. L’atto costitutivo o lo statuto delle associazioni che hanno un numero di associati non inferiore a cinquecento possono prevedere e disciplinare la costituzione e lo svolgimento di assemblee separate, comunque denominate, anche rispetto a specifiche materie ovvero in presenza di particolari categorie di associati o di svolgimento dell’attivita’ in piu’ ambiti territoriali. A tali assemblee si applicano le disposizioni di cui ai commi terzo, quarto, quinto e sesto dell’articolo 2540 del codice civile, in quanto compatibili.

6. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche alle fondazioni del Terzo settore il cui statuto preveda la costituzione di un organo assembleare o di indirizzo, comunque denominato, in quanto compatibili ed ove non derogate dallo statuto.

Art. 25 
Competenze inderogabili dell’assemblea 

1. L’assemblea delle associazioni, riconosciute o non riconosciute, del Terzo settore:

a) nomina e revoca i componenti degli organi sociali;

b) nomina e revoca, quando previsto, il soggetto incaricato della revisione legale dei conti;

c) approva il bilancio;

d) delibera sulla responsabilita’ dei componenti degli organi sociali e promuove azione di responsabilita’ nei loro confronti;

e) delibera sull’esclusione degli associati, se l’atto costitutivo o lo statuto non attribuiscono la relativa competenza ad altro organo eletto dalla medesima;

f) delibera sulle modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto;

g) approva l’eventuale regolamento dei lavori assembleari;

h) delibera lo scioglimento, la trasformazione, la fusione o la scissione dell’associazione;

i) delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto alla sua competenza.

2. Gli atti costitutivi o gli statuti delle associazioni che hanno un numero di associati non inferiore a cinquecento possono disciplinare le competenze dell’assemblea anche in deroga a quanto stabilito al comma precedente, nel rispetto dei principi di democraticita’, pari opportunita’ ed eguaglianza di tutti gli associati e di elettivita’ delle cariche sociali.

3. Lo statuto delle fondazioni del Terzo settore puo’ attribuire all’organo assembleare o di indirizzo, comunque denominato, di cui preveda la costituzione la competenza a deliberare su uno o piu’ degli oggetti di cui al comma 1, nei limiti in cui cio’ sia compatibile con la natura dell’ente quale fondazione e nel rispetto della volonta’ del fondatore.

Art. 26 
Organo di amministrazione

1. Nelle associazioni, riconosciute o non riconosciute, del Terzo settore deve essere nominato un organo di amministrazione. Salvo quanto previsto dall’articolo 25, comma 2, la nomina degli amministratori spetta all’assemblea, fatta eccezione per i primi amministratori che sono nominati nell’atto costitutivo.

2. La maggioranza degli amministratori e’ scelta tra le persone fisiche associate ovvero indicate dagli enti giuridici associati. Si applica l’articolo 2382 del codice civile.

3. L’atto costitutivo o lo statuto possono subordinare l’assunzione della carica di amministratore al possesso di specifici requisiti di onorabilita’, professionalita’ ed indipendenza, anche con riferimento ai requisiti al riguardo previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di rappresentanza o reti associative del Terzo settore. Si applica in tal caso l’articolo 2382 del codice civile.

4. L’atto costitutivo o lo statuto possono prevedere che uno o piu’ amministratori siano scelti tra gli appartenenti alle diverse categorie di associati.

5. La nomina di uno o piu’ amministratori puo’ essere attribuita dall’atto costitutivo o dallo statuto ad enti del Terzo settore o senza scopo di lucro, ad enti di cui all’articolo 4, comma 3, o a lavoratori o utenti dell’ente. In ogni caso, la nomina della maggioranza degli amministratori e’, salvo quanto previsto dall’articolo 25, comma 2, riservata all’assemblea.

6. Gli amministratori, entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina, devono chiederne l’iscrizione nel Registro unico nazionale del terzo settore, indicando per ciascuno di essi il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza, nonche’ a quali di essi e’ attribuita la rappresentanza dell’ente, precisando se disgiuntamente o congiuntamente.

7. Il potere di rappresentanza attribuito agli amministratori e’ generale. Le limitazioni del potere di rappresentanza non sono opponibili ai terzi se non sono iscritte nel Registro unico nazionale del Terzo settore o se non si prova che i terzi ne erano a conoscenza.

8. Nelle fondazioni del Terzo settore deve essere nominato un organo di amministrazione. Si applica l’articolo 2382 del codice civile. Si applicano i commi 3, 6 e 7. Nelle fondazioni del Terzo settore il cui statuto preveda la costituzione di un organo assembleare o di indirizzo, comunque denominato, possono trovare applicazione, in quanto compatibili, i commi 4 e 5.

Art. 27 
Conflitto di interessi 

1. Al conflitto di interessi degli amministratori si applica l’articolo 2475-ter del codice civile.

Art. 28 
Responsabilita’ 

1. Gli amministratori, i direttori generali, i componenti dell’organo di controllo e il soggetto incaricato della revisione legale dei conti rispondono nei confronti dell’ente, dei creditori sociali, del fondatore, degli associati e dei terzi, ai sensi degli articoli 2392, 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis, 2395, 2396 e 2407 del codice civile e dell’articolo 15 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, in quanto compatibili. (1)

(1) Comma così modificato dall’ art. 7, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Art. 29 
Denunzia al tribunale e ai componenti dell’organo di controllo 

1. Almeno un decimo degli associati, l’organo di controllo, il soggetto incaricato della revisione legale dei conti ovvero il pubblico ministero possono agire ai sensi dell’articolo 2409 del codice civile, in quanto compatibile.

2. Ogni associato, ovvero almeno un decimo degli associati nelle associazioni, riconosciute o non riconosciute, che hanno piu’ di 500 associati, puo’ denunziare i fatti che ritiene censurabili all’organo di controllo, se nominato, il quale deve tener conto della denunzia nella relazione all’assemblea. Se la denunzia e’ fatta da almeno un ventesimo degli associati dell’ente, l’organo di controllo deve agire ai sensi dell’articolo 2408, secondo comma, del codice civile. 3. Il presente articolo non si applica agli enti di cui all’articolo 4, comma 3.

Art. 30 
Organo di controllo 

1. Nelle fondazioni del Terzo settore deve essere nominato un organo di controllo, anche monocratico.

2. Nelle associazioni, riconosciute o non riconosciute, del Terzo settore, la nomina di un organo di controllo, anche monocratico, è obbligatoria quando siano superati per due esercizi consecutivi due dei seguenti limiti:

a) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 110.000,00 euro;

b) ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate: 220.000,00 euro;

c) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 5 unità.

3. L’obbligo di cui al comma 2 cessa se, per due esercizi consecutivi, i predetti limiti non vengono superati.

4. La nomina dell’organo di controllo è altresì obbligatoria quando siano stati costituiti patrimoni destinati ai sensi dell’articolo 10.

5. Ai componenti dell’organo di controllo si applica l’articolo 2399 del codice civile. I componenti dell’organo di controllo devono essere scelti tra le categorie di soggetti di cui all’articolo 2397, comma secondo, del codice civile. Nel caso di organo di controllo collegiale, i predetti requisiti devono essere posseduti da almeno uno dei componenti.

6. L’organo di controllo vigila sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, anche con riferimento alle disposizioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, qualora applicabili, nonché sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile e sul suo concreto funzionamento. Esso può esercitare inoltre, al superamento dei limiti di cui all’articolo 31, comma 1, la revisione legale dei conti. In tal caso l’organo di controllo è costituito da revisori legali iscritti nell’apposito registro. (1)

7. L’organo di controllo esercita inoltre compiti di monitoraggio dell’osservanza delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, avuto particolare riguardo alle disposizioni di cui agli articoli 5, 6, 7 e 8, ed attesta che il bilancio sociale sia stato redatto in conformità alle linee guida di cui all’articolo 14. Il bilancio sociale dà atto degli esiti del monitoraggio svolto dall’organo di controllo. (2)

8. I componenti dell’organo di controllo possono in qualsiasi momento procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo, e a tal fine, possono chiedere agli amministratori notizie sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari.

(1) Comma così modificato dall’ art. 8, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(2) Comma così modificato dall’ art. 8, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Art. 31 
Revisione legale dei conti 

1. Salvo quanto previsto dall’articolo 30, comma 6, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, e le fondazioni del Terzo settore devono nominare un revisore legale dei conti o una societa’ di revisione legale iscritti nell’apposito registro quando superino per due esercizi consecutivi due dei seguenti limiti:

a) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 1.100.000,00 euro;

b) ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate:
2.200.000,00 euro;

c) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 12 unita’. 2. L’obbligo di cui al comma 1 cessa se, per due esercizi consecutivi, i predetti limiti non vengono superati.

3. La nomina e’ altresi’ obbligatoria quando siano stati costituiti patrimoni destinati ai sensi dell’articolo 10.

Titolo V
DI PARTICOLARI CATEGORIE DI ENTI DEL TERZO SETTORE
Capo I
Delle organizzazioni di volontariato
Art. 32 
Organizzazioni di volontariato 

1. Le organizzazioni di volontariato sono enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, da un numero non inferiore a sette persone fisiche o a tre organizzazioni di volontariato, per lo svolgimento prevalentemente in favore di terzi di una o più attività di cui all’articolo 5, avvalendosi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati o delle persone aderenti agli enti associati. (1)

1-bis. Se successivamente alla costituzione il numero degli associati diviene inferiore a quello stabilito nel comma 1, esso deve essere integrato entro un anno, trascorso il quale l’organizzazione di volontariato è cancellata dal Registro unico nazionale del Terzo settore se non formula richiesta di iscrizione in un’altra sezione del medesimo. (2)

2. Gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato possono prevedere l’ammissione come associati di altri enti del Terzo settore o senza scopo di lucro, a condizione che il loro numero non sia superiore al cinquanta per cento del numero delle organizzazioni di volontariato.

3. La denominazione sociale deve contenere l’indicazione di organizzazione di volontariato o l’acronimo ODV. L’indicazione di organizzazione di volontariato o l’acronimo ODV, ovvero di parole o locuzioni equivalenti o ingannevoli, non può essere usata da soggetti diversi dalle organizzazioni di volontariato.

4. Alle organizzazioni di volontariato che svolgono l’attività di cui all’articolo 5, comma 1, lettera y), le norme del presente capo si applicano nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione civile e alla relativa disciplina si provvede nell’ambito di quanto previsto dall’articolo 1, comma 1, lettera d), della legge 16 marzo 2017, n. 30.

(1) Comma così modificato dall’ art. 9, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(2) Comma inserito dall’ art. 9, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Art. 33 
Risorse 

1. Le organizzazioni di volontariato possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare funzionamento oppure nei limiti occorrenti a qualificare o specializzare l’attività svolta. In ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari.

2. Salvo quanto previsto dal comma 3, le organizzazioni di volontariato possono trarre le risorse economiche necessarie al loro funzionamento e allo svolgimento della propria attività da fonti diverse, quali quote associative, contributi pubblici e privati, donazioni e lasciti testamentari, rendite patrimoniali ed attività di raccolta fondi nonché delle attività di cui all’articolo 6.

3. Per l’attività di interesse generale prestata le organizzazioni di volontariato possono ricevere, soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate, salvo che tale attività sia svolta quale attività secondaria e strumentale nei limiti di cui all’articolo 6. (1)

(1) Comma così modificato dall’ art. 24-ter, comma 1, D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136.

 
Art. 34 
Ordinamento ed amministrazione 

1. Tutti gli amministratori delle organizzazioni di volontariato sono scelti tra le persone fisiche associate ovvero indicate, tra i propri associati, dagli enti associati. Si applica l’articolo 2382 del codice civile. (1)

2. Ai componenti degli organi sociali, ad eccezione di quelli di cui all’articolo 30, comma 5 che siano in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2397, secondo comma, del codice civile, non può essere attribuito alcun compenso, salvo il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata ai fini dello svolgimento della funzione.

(1) Comma così modificato dall’ art. 10, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Capo II
Delle associazioni di promozione sociale
Art. 35 
Associazioni di promozione sociale

1. Le associazioni di promozione sociale sono enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, da un numero non inferiore a sette persone fisiche o a tre associazioni di promozione sociale per lo svolgimento in favore dei propri associati, di loro familiari o di terzi di una o più attività di cui all’articolo 5, avvalendosi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati o delle persone aderenti agli enti associati. (1)

1-bis. Se successivamente alla costituzione il numero degli associati diviene inferiore a quello stabilito nel comma 1, esso deve essere integrato entro un anno, trascorso il quale l’associazione di promozione sociale è cancellata dal Registro unico nazionale del Terzo settore se non formula richiesta di iscrizione in un’altra sezione del medesimo. (2)

2. Non sono associazioni di promozione sociale i circoli privati e le associazioni comunque denominate che dispongono limitazioni con riferimento alle condizioni economiche e discriminazioni di qualsiasi natura in relazione all’ammissione degli associati o prevedono il diritto di trasferimento, a qualsiasi titolo, della quota associativa o che, infine, collegano, in qualsiasi forma, la partecipazione sociale alla titolarità di azioni o quote di natura patrimoniale.

3. Gli atti costitutivi delle associazioni di promozione sociale possono prevedere l’ammissione come associati di altri enti del Terzo settore o senza scopo di lucro, a condizione che il loro numero non sia superiore al cinquanta per cento del numero delle associazioni di promozione sociale.

4. Il comma 3 non si applica agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI che associano un numero non inferiore a cinquecento associazioni di promozione sociale.

5. La denominazione sociale deve contenere l’indicazione di associazione di promozione sociale o l’acronimo APS. L’indicazione di associazione di promozione sociale o l’acronimo APS, ovvero di parole o locuzioni equivalenti o ingannevoli, non può essere usata da soggetti diversi dalle associazioni di promozione sociale.

(1) Comma così modificato dall’ art. 11, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(2) Comma inserito dall’ art. 11, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Art. 36 
Risorse 

1. Le associazioni di promozione sociale possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati, fatto comunque salvo quanto disposto dall’articolo 17, comma 5, solo quando cio’ sia necessario ai fini dello svolgimento dell’attivita’ di interesse generale e al perseguimento delle finalita’. In ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati nell’attivita’ non puo’ essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari o al cinque per cento del numero degli associati.

Capo III
Degli enti filantropici
Art. 37 
Enti filantropici 

1. Gli enti filantropici sono enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione riconosciuta o di fondazione al fine di erogare denaro, beni o servizi, anche di investimento, a sostegno di categorie di persone svantaggiate o di attivita’ di interesse generale.

2. La denominazione sociale deve contenere l’indicazione di ente filantropico. L’indicazione di ente filantropico, ovvero di parole o locuzioni equivalenti o ingannevoli, non puo’ essere usata da soggetti diversi dagli enti filantropici.

 
Art. 38 
Risorse 

1. Gli enti filantropici traggono le risorse economiche necessarie allo svolgimento della propria attività principalmente da contributi pubblici e privati, donazioni e lasciti testamentari, rendite patrimoniali ed attività di raccolta fondi.

2. Gli atti costitutivi degli enti filantropici indicano i principi ai quali essi devono attenersi in merito alla gestione del patrimonio, alla raccolta di fondi e risorse in genere, alla destinazione, alle modalità di erogazione di denaro, beni o servizi, anche di investimento a sostegno di categorie di persone svantaggiate o di attività di interesse generale. (1)

(1) Comma così modificato dall’ art. 12, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

 
Art. 39 
Bilancio sociale 

1. Il bilancio sociale degli enti filantropici deve contenere l’elenco e gli importi delle erogazioni deliberate ed effettuate nel corso dell’esercizio, con l’indicazione dei beneficiari diversi dalle persone fisiche.

 
Capo IV
Delle imprese sociali
Art. 40 
Rinvio 

1. Le imprese sociali sono disciplinate dal decreto legislativo recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale, di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c), della legge 6 giugno 2016, n. 106.

2. Le cooperative sociali e i loro consorzi sono disciplinati dalla legge 8 novembre 1991, n. 381.

Capo V 
Delle reti associative
Art. 41 
Reti associative 

1. Le reti associative sono enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, che:

a) associano, anche indirettamente attraverso gli enti ad esse aderenti, un numero non inferiore a 100 enti del Terzo settore, o, in alternativa, almeno 20 fondazioni del Terzo settore, le cui sedi legali o operative siano presenti in almeno cinque regioni o province autonome;

b) svolgono, anche attraverso l’utilizzo di strumenti informativi idonei a garantire conoscibilita’ e trasparenza in favore del pubblico e dei propri associati, attivita’ di coordinamento, tutela, rappresentanza, promozione o supporto degli enti del Terzo settore loro associati e delle loro attivita’ di interesse generale, anche allo scopo di promuoverne ed accrescerne la rappresentativita’ presso i soggetti istituzionali.

2. Sono reti associative nazionali le reti associative di cui al comma 1 che associano, anche indirettamente attraverso gli enti ad esse aderenti, un numero non inferiore a 500 enti del Terzo settore o, in alternativa, almeno 100 fondazioni del Terzo settore, le cui sedi legali o operative siano presenti in almeno dieci regioni o province autonome. Le associazioni del terzo settore formate da un numero non inferiore a 100 mila persone fisiche associate e con sedi in almeno 10 regioni o provincie autonome sono equiparate alle reti associative nazionali ai fini di cui all’articolo 59, comma 1, lettera b).

3. Le reti associative nazionali possono esercitare, oltre alle proprie attivita’ statutarie, anche le seguenti attivita’:

a) monitoraggio dell’attivita’ degli enti ad esse associati, eventualmente anche con riguardo al suo impatto sociale, e predisposizione di una relazione annuale al Consiglio nazionale del Terzo settore;

b) promozione e sviluppo delle attivita’ di controllo, anche sotto forma di autocontrollo e di assistenza tecnica nei confronti degli enti associati.

4. Le reti associative possono promuovere partenariati e protocolli di intesa con le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e con soggetti privati.

5. E’ condizione per l’iscrizione delle reti associative nel Registro unico nazionale del Terzo settore che i rappresentanti legali ed amministratori non abbiano riportato condanne penali, passate in giudicato, per reati che comportano l’interdizione dai pubblici uffici. L’iscrizione, nonche’ la costituzione e l’operativita’ da almeno un anno, sono condizioni necessarie per accedere alle risorse del Fondo di cui all’articolo 72 che, in ogni caso, non possono essere destinate, direttamente o indirettamente, ad enti diversi dalle organizzazioni di volontariato, dalle associazioni di promozione sociale e dalle fondazioni del Terzo settore.

6. Alle reti associative operanti nel settore di cui all’articolo 5, comma 1, lettera y), le disposizioni del presente articolo si applicano nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione civile, e alla relativa disciplina si provvede nell’ambito di quanto previsto dall’articolo 1, comma 1, lettera d), della legge 16 marzo 2017, n. 30.

7. Gli atti costitutivi o gli statuti disciplinano l’ordinamento interno, la struttura di governo e la composizione e il funzionamento degli organi sociali delle reti associative nel rispetto dei principi di democraticita’, pari opportunita’ ed eguaglianza di tutti gli associati e di elettivita’ delle cariche sociali.

8. Gli atti costitutivi o gli statuti delle reti associative possono disciplinare il diritto di voto degli associati in assemblea anche in deroga a quanto stabilito dall’articolo 24, comma 2.

9. Gli atti costitutivi o gli statuti delle reti associative possono disciplinare le modalita’ e i limiti delle deleghe di voto in assemblea anche in deroga a quanto stabilito dall’articolo 24, comma 3.

10. Gli atti costitutivi o gli statuti delle reti associative possono disciplinare le competenze dell’assemblea degli associati anche in deroga a quanto stabilito dall’articolo 25, comma 1.

 
Capo VI 
Delle societa’ di mutuo soccorso
Art. 42 
Rinvio 

1. Le societa’ di mutuo soccorso sono disciplinate dalla legge 15 aprile 1886, n. 3818, e successive modificazioni.

 
Art. 43 
Trasformazione 

1. Le società di mutuo soccorso, già esistenti alla data di entrata in vigore del presente Codice, che entro il 31 dicembre 2021 si trasformano in associazioni del Terzo settore o in associazioni di promozione sociale, mantengono, in deroga all’articolo 8, comma 3, della legge 15 aprile 1886, n. 3818, il proprio patrimonio. (1)

(1) Comma così modificato dall’art. 11, comma 1, D.L. 31 dicembre 2020, n. 183, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2021, n. 21.

 
Art. 44 
Modifiche e integrazioni alla disciplina 

1. Alle societa’ di mutuo soccorso non si applica l’obbligo di versamento del contributo del 3 per cento sugli utili netti annuali di cui all’articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59.

2. In deroga all’articolo 23, comma 1, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, non sono soggette all’obbligo di iscrizione nella sezione delle imprese sociali presso il registro delle imprese le societa’ di mutuo soccorso che hanno un versamento annuo di contributi associativi non superiore a 50.000 euro e che non gestiscono fondi sanitari integrativi.

Titolo VI 
DEL REGISTRO UNICO NAZIONALE DEL TERZO SETTORE
Art. 45 
Registro unico nazionale del Terzo settore 

1. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e’ istituito il Registro unico nazionale del Terzo settore, operativamente gestito su base territoriale e con modalita’ informatiche in collaborazione con ciascuna Regione e Provincia autonoma, che, a tal fine, individua, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la struttura competente. Presso le Regioni, la struttura di cui al periodo precedente e’ indicata come «Ufficio regionale del Registro unico nazionale del Terzo settore». Presso le Province autonome la stessa assume la denominazione di «Ufficio provinciale del Registro unico nazionale del Terzo settore». Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali individua nell’ambito della dotazione organica dirigenziale non generale disponibile a legislazione vigente la propria struttura competente di seguito indicata come «Ufficio statale del Registro unico nazionale del Terzo settore».

2. Il registro e’ pubblico ed e’ reso accessibile a tutti gli interessati in modalita’ telematica.

 
Art. 46 
Struttura del Registro 

1. Il Registro unico nazionale del Terzo settore si compone delle seguenti sezioni:

a) Organizzazioni di volontariato;

b) Associazioni di promozione sociale;

c) Enti filantropici;

d) Imprese sociali, incluse le cooperative sociali;

e) Reti associative;

f) Societa’ di mutuo soccorso;

g) Altri enti del Terzo settore.

2. Ad eccezione delle reti associative, nessun ente puo’ essere contemporaneamente iscritto in due o piu’ sezioni.

3. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali puo’, con decreto di natura non regolamentare, sentita la Conferenza Unificata, istituire sottosezioni o nuove sezioni o modificare le sezioni esistenti.

 
Art. 47 
Iscrizione 

1. Salvo quanto previsto dall’articolo 22, la domanda di iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore e’ presentata dal rappresentante legale dell’ente o della rete associativa cui l’ente eventualmente aderisca all’Ufficio del Registro unico nazionale della Regione o della Provincia autonoma in cui l’ente ha la sede legale, depositando l’atto costitutivo, lo statuto ed eventuali allegati, ed indicando la sezione del registro nella quale l’ente chiede l’iscrizione. Per le reti associative la domanda di iscrizione nella sezione di cui all’articolo 46 comma 1, lettera e) e’ presentata all’Ufficio statale del Registro unico nazionale.

2. L’ufficio competente di cui al comma 1 verifica la sussistenza delle condizioni previste dal presente Codice per la costituzione dell’ente quale ente del Terzo settore, nonche’ per la sua iscrizione nella sezione richiesta.

3. L’ufficio del Registro, entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, puo’:

a) iscrivere l’ente;

b) rifiutare l’iscrizione con provvedimento motivato;

c) invitare l’ente a completare o rettificare la domanda ovvero ad integrare la documentazione.

4. Decorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda o dalla presentazione della domanda completata o rettificata ovvero della documentazione integrativa ai sensi del comma 3, lettera c), la domanda di iscrizione s’intende accolta.

5. Se l’atto costitutivo e lo statuto dell’ente del Terzo settore sono redatti in conformita’ a modelli standard tipizzati, predisposti da reti associative ed approvati con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l’ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore, verificata la regolarita’ formale della documentazione, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda iscrive l’ente nel Registro stesso.

6. Avverso il diniego di iscrizione nel Registro e’ ammesso ricorso avanti al tribunale amministrativo competente per territorio.

 
Art. 48 
Contenuto e aggiornamento 

1. Nel Registro unico nazionale del Terzo settore devono risultare per ciascun ente almeno le seguenti informazioni: la denominazione;
la forma giuridica; la sede legale, con l’indicazione di eventuali sedi secondarie; la data di costituzione; l’oggetto dell’attivita’ di interesse generale di cui all’articolo 5, il codice fiscale o la partita IVA; il possesso della personalita’ giuridica e il patrimonio minimo di cui all’articolo 22, comma 4; le generalita’ dei soggetti che hanno la rappresentanza legale dell’ente; le generalita’ dei soggetti che ricoprono cariche sociali con indicazione di poteri e limitazioni.

2. Nel Registro devono inoltre essere iscritte le modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto, le deliberazioni di trasformazione, fusione, scissione, di scioglimento, estinzione, liquidazione e cancellazione, i provvedimenti che ordinano lo scioglimento, dispongono la cancellazione o accertano l’estinzione, le generalita’ dei liquidatori e tutti gli altri atti e fatti la cui iscrizione e’ espressamente prevista da norme di legge o di regolamento.

3. I rendiconti e i bilanci di cui agli articoli 13 e 14 e i rendiconti delle raccolte fondi svolte nell’esercizio precedente devono essere depositati entro il 30 giugno di ogni anno.
Entro trenta giorni decorrenti da ciascuna modifica, devono essere pubblicate le informazioni aggiornate e depositati gli atti di cui ai commi 1e 2, incluso l’eventuale riconoscimento della personalita’ giuridica.

4. In caso di mancato o incompleto deposito degli atti e dei loro aggiornamenti nonche’ di quelli relativi alle informazioni obbligatorie di cui al presente articolo nel rispetto dei termini in esso previsti, l’ufficio del registro diffida l’ente del Terzo settore ad adempiere all’obbligo suddetto, assegnando un termine non superiore a centottanta giorni, decorsi inutilmente i quali l’ente e’ cancellato dal Registro.

5. Del deposito degli atti e della completezza delle informazioni di cui al presente articolo e dei relativi aggiornamenti sono onerati gli amministratori. Si applica l’articolo 2630 del codice civile. 6. All’atto della registrazione degli enti del Terzo settore di cui all’articolo 31, comma 1, l’ufficio del registro unico nazionale acquisisce la relativa informazione antimafia.

 
Art. 49 
Estinzione o scioglimento dell’ente 

1. L’ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore accerta, anche d’ufficio, l’esistenza di una delle cause di estinzione o scioglimento dell’ente e ne da’ comunicazione agli amministratori e al presidente del tribunale ove ha sede l’ufficio del registro unico nazionale presso il quale l’ente e’ iscritto affinche’ provveda ai sensi dell’articolo 11 e seguenti delle disposizioni di attuazione del codice civile.

2. Chiusa la procedura di liquidazione, il presidente del tribunale provvede che ne sia data comunicazione all’ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore per la conseguente cancellazione dell’ente dal Registro.

 
Art. 50 
Cancellazione e migrazione in altra sezione 

1. La cancellazione di un ente dal Registro unico nazionale avviene a seguito di istanza motivata da parte dell’ente del Terzo settore iscritto o di accertamento d’ufficio, anche a seguito di provvedimenti della competente autorita’ giudiziaria ovvero tributaria, divenuti definitivi, dello scioglimento, cessazione, estinzione dell’ente ovvero della carenza dei requisiti necessari per la permanenza nel Registro unico nazionale del Terzo settore.

2. L’ente cancellato dal Registro unico nazionale per mancanza dei requisiti che vuole continuare a operare ai sensi del codice civile deve preventivamente devolvere il proprio patrimonio ai sensi dell’articolo 9, limitatamente all’incremento patrimoniale realizzato negli esercizi in cui l’ente e’ stato iscritto nel Registro unico nazionale.

3. Se vengono meno i requisiti per l’iscrizione dell’ente del Terzo settore in una sezione del Registro ma permangono quelli per l’iscrizione in altra sezione del Registro stesso, l’ente puo’ formulare la relativa richiesta di migrazione che deve essere approvata con le modalita’ e nei termini previsti per l’iscrizione nel Registro unico nazionale.

4. Avverso il provvedimento di cancellazione dal Registro, e’ ammesso ricorso avanti al tribunale amministrativo competente per territorio.

 
Art. 51 
Revisione periodica del Registro 

1. Con cadenza triennale, gli Uffici del Registro unico nazionale del Terzo settore provvedono alla revisione, ai fini della verifica della permanenza dei requisiti previsti per l’iscrizione al Registro stesso.

Art. 52 
Opponibilita’ ai terzi degli atti depositati 

1. Gli atti per i quali e’ previsto l’obbligo di iscrizione, annotazione ovvero di deposito presso il Registro unico nazionale del Terzo settore sono opponibili ai terzi soltanto dopo la relativa pubblicazione nel Registro stesso, a meno che l’ente provi che i terzi ne erano a conoscenza.

2. Per le operazioni compiute entro il quindicesimo giorno dalla pubblicazione di cui al comma 1, gli atti non sono opponibili ai terzi che provino di essere stati nella impossibilita’ di averne conoscenza.

Art. 53 
Funzionamento del Registro 

1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, definisce, con proprio decreto, la procedura per l’iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore, individuando i documenti da presentare ai fini dell’iscrizione e le modalita’ di deposito degli atti di cui all’articolo 48, nonche’ le regole per la predisposizione, la tenuta, la conservazione e la gestione del Registro unico nazionale del Terzo settore finalizzate ad assicurare l’omogenea e piena conoscibilita’ su tutto il territorio nazionale degli elementi informativi del registro stesso e le modalita’ con cui e’ garantita la comunicazione dei dati tra il registro delle Imprese e il Registro unico nazionale del Terzo settore con riferimento alle imprese sociali e agli altri enti del Terzo settore iscritti nel registro delle imprese.

2. Le Regioni e le province autonome entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 1 disciplinano i procedimenti per l’emanazione dei provvedimenti di iscrizione e di cancellazione degli enti del Terzo settore; entro sei mesi dalla predisposizione della struttura informatica rendono operativo il Registro.

3. Le risorse necessarie a consentire l’avvio e la gestione del Registro unico nazionale del Terzo settore sono stabilite in 25 milioni di euro per l’anno 2018, in 20 milioni di euro per gli anni 2019 e 2020, in 14,7 milioni di euro per l’anno 2021 e in 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2022, da impiegare per l’infrastruttura informatica nonche’ per lo svolgimento delle attivita’ di cui al presente titolo e di cui all’articolo 93, comma 3, anche attraverso accordi ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, con le Regioni e le Province autonome, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.

Art. 54 
Trasmigrazione dei registri esistenti 

1. Con il decreto di cui all’articolo 53 vengono disciplinate le modalita’ con cui gli enti pubblici territoriali provvedono a comunicare al Registro unico nazionale del Terzo settore i dati in loro possesso degli enti gia’ iscritti nei registri speciali delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale esistenti al giorno antecedente l’operativita’ del Registro unico nazionale degli enti del Terzo settore.

2. Gli uffici del Registro unico nazionale del Terzo settore, ricevute le informazioni contenute nei predetti registri, provvedono entro centottanta giorni a richiedere agli enti le eventuali informazioni o documenti mancanti e a verificare la sussistenza dei requisiti per l’iscrizione.

3. L’omessa trasmissione delle informazioni e dei documenti richiesti agli enti del Terzo settore ai sensi del comma 2 entro il termine di sessanta giorni comporta la mancata iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore.

4. Fino al termine delle verifiche di cui al comma 2 gli enti iscritti nei registri di cui al comma 1 continuano a beneficiare dei diritti derivanti dalla rispettiva qualifica.

Titolo VII 
DEI RAPPORTI CON GLI ENTI PUBBLICI
Art. 55 
Coinvolgimento degli enti del Terzo settore 

1. In attuazione dei principi di sussidiarieta’, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicita’, omogeneita’, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilita’ ed unicita’ dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attivita’ di cui all’articolo 5, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento, poste in essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonche’ delle norme che disciplinano specifici procedimenti ed in particolare di quelle relative alla programmazione sociale di zona.

2. La co-programmazione e’ finalizzata all’individuazione, da parte della pubblica amministrazione procedente, dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine necessari, delle modalita’ di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili.

3. La co-progettazione e’ finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti, alla luce degli strumenti di programmazione di cui comma 2.

4. Ai fini di cui al comma 3, l’individuazione degli enti del Terzo settore con cui attivare il partenariato avviene anche mediante forme di accreditamento nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialita’, partecipazione e parita’ di trattamento, previa definizione, da parte della pubblica amministrazione procedente, degli obiettivi generali e specifici dell’intervento, della durata e delle caratteristiche essenziali dello stesso nonche’ dei criteri e delle modalita’ per l’individuazione degli enti partner.

Art. 56 
Convenzioni 

1. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono sottoscrivere con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato.

2. Le convenzioni di cui al comma 1 possono prevedere esclusivamente il rimborso alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale delle spese effettivamente sostenute e documentate.

3. L’individuazione delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale con cui stipulare la convenzione è fatta nel rispetto dei principi di imparzialità, pubblicità, trasparenza, partecipazione e parità di trattamento, mediante procedure comparative riservate alle medesime. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale devono essere in possesso dei requisiti di moralità professionale, e dimostrare adeguata attitudine, da valutarsi in riferimento alla struttura, all’attività concretamente svolta, alle finalità perseguite, al numero degli aderenti, alle risorse a disposizione e alla capacità tecnica e professionale, intesa come concreta capacità di operare e realizzare l’attività oggetto di convenzione, da valutarsi anche con riferimento all’esperienza maturata, all’organizzazione, alla formazione e all’aggiornamento dei volontari.

3-bis. Le amministrazioni procedenti pubblicano sui propri siti informatici gli atti di indizione dei procedimenti di cui al presente articolo e i relativi provvedimenti finali. I medesimi atti devono altresì formare oggetto di pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti nella sezione “Amministrazione trasparente”, con l’applicazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. (1)

4. Le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire l’esistenza delle condizioni necessarie a svolgere con continuità le attività oggetto della convenzione, nonché il rispetto dei diritti e della dignità degli utenti, e, ove previsti dalla normativa nazionale o regionale, degli standard organizzativi e strutturali di legge. Devono inoltre prevedere la durata del rapporto convenzionale, il contenuto e le modalità dell’intervento volontario, il numero e l’eventuale qualifica professionale delle persone impegnate nelle attività convenzionate, le modalità di coordinamento dei volontari e dei lavoratori con gli operatori dei servizi pubblici, le coperture assicurative di cui all’articolo 18, i rapporti finanziari riguardanti le spese da ammettere a rimborso fra le quali devono figurare necessariamente gli oneri relativi alla copertura assicurativa, le modalità di risoluzione del rapporto, forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità, la verifica dei reciproci adempimenti nonché le modalità di rimborso delle spese, nel rispetto del principio dell’effettività delle stesse, con esclusione di qualsiasi attribuzione a titolo di maggiorazione, accantonamento, ricarico o simili, e con la limitazione del rimborso dei costi indiretti alla quota parte imputabile direttamente all’attività oggetto della convenzione.

(1) Comma inserito dall’ art. 13, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

 
Art. 57 
Servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza 

1. I servizi di trasporto sanitario di emergenza e urgenza possono essere, in via prioritaria, oggetto di affidamento in convenzione alle organizzazioni di volontariato, iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, aderenti ad una rete associativa di cui all’articolo 41, comma 2, ed accreditate ai sensi della normativa regionale in materia, ove esistente, nelle ipotesi in cui, per la natura specifica del servizio, l’affidamento diretto garantisca l’espletamento del servizio di interesse generale, in un sistema di effettiva contribuzione a una finalità sociale e di perseguimento degli obiettivi di solidarietà, in condizioni di efficienza economica e adeguatezza, nonché nel rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione.

2. Alle convenzioni aventi ad oggetto i servizi di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 3-bis e 4 dell’articolo 56. (1)

(1) Comma così modificato dall’ art. 14, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Titolo VIII 
DELLA PROMOZIONE E DEL SOSTEGNO DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE 
Capo I 
Del Consiglio nazionale del Terzo settore
Art. 58 
Istituzione 

1. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e’ istituito il Consiglio nazionale del Terzo settore, presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali o da un suo delegato.

Art. 59 
Composizione 

1. Il Consiglio nazionale del Terzo settore è composto da:

a) dieci rappresentanti designati dall’associazione di enti del Terzo settore più rappresentativa sul territorio nazionale, in ragione del numero di enti del Terzo settore ad essa aderenti, tra persone che siano espressione delle diverse tipologie organizzative del Terzo settore; (1)

b) quindici rappresentanti di reti associative, di cui otto di reti associative nazionali, che siano espressione delle diverse tipologie organizzative del Terzo settore; (2)

c) cinque esperti di comprovata esperienza professionale in materia di Terzo settore, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche e private ovvero che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post-universitaria;

d) tre rappresentanti delle autonomie regionali e locali, di cui due designati dalla Conferenza Stato-Regioni di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed uno designato dall’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI);

d-bis) un rappresentante designato dall’associazione dei CSV più rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di CSV ad essa aderenti (3).

2. Del Consiglio nazionale del Terzo settore fanno altresì parte, senza diritto di voto:

a) un rappresentante designato dal presidente dell’ISTAT con comprovata esperienza in materia di Terzo settore;

b) un rappresentante designato dal presidente dell’INAPP con comprovata esperienza in materia di Terzo settore;

c) il direttore generale del Terzo settore e della responsabilità sociale delle imprese del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

3. I componenti del Consiglio nazionale del Terzo settore sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e rimangono in carica per tre anni. Per ogni componente effettivo del Consiglio è nominato un supplente. I componenti del Consiglio aventi diritto di voto non possono essere nominati per più di due mandati consecutivi. La partecipazione al Consiglio dei componenti effettivi e supplenti è gratuita e non dà diritto alla corresponsione di alcun compenso, indennità, rimborso od emolumento comunque denominato.

(1) Lettera così modificata dall’ art. 15, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(2) Lettera così modificata dall’ art. 15, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(3) Lettera aggiunta dall’ art. 15, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Art. 60 
Attribuzioni 

1. Il Consiglio svolge i seguenti compiti:

a) esprime pareri non vincolanti, ove richiesto, sugli schemi di atti normativi che riguardano il Terzo settore;

b) esprime parere non vincolante, ove richiesto, sulle modalità di utilizzo delle risorse finanziarie di cui agli articoli 72 e seguenti;

c) esprime parere obbligatorio non vincolante sulle linee guida in materia di bilancio sociale e di valutazione di impatto sociale dell’attività svolta dagli enti del Terzo settore nonché sulla definizione dei modelli di bilancio degli enti del Terzo settore; (1)

d) designa un componente nell’organo di governo della Fondazione Italia Sociale;

e) è coinvolto nelle funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo, con il supporto delle reti associative nazionali;

f) designa i rappresentanti degli enti del Terzo settore presso il CNEL ai sensi della legge 30 dicembre 1986, n. 936.

2. Per lo svolgimento dei compiti indicati al comma 1, il Consiglio nazionale del Terzo settore si avvale delle risorse umane e strumentali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

3. Le modalità di funzionamento del Consiglio nazionale del Terzo settore sono fissate con regolamento interno da adottarsi a maggioranza assoluta dei componenti.

(1) Lettera così modificata dall’ art. 16, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Capo II 
Dei centri di servizio per il volontariato
Art. 61 
Accreditamento dei Centri di servizio per il volontariato 

1. Possono essere accreditati come centri di servizio per il volontariato, di seguito CSV, gli enti costituiti in forma di associazione riconosciuta del Terzo settore da organizzazioni di volontariato e da altri enti del Terzo settore, esclusi quelli costituiti in una delle forme del libro V del codice civile, ed il cui statuto preveda:

a) lo svolgimento di attivita’ di supporto tecnico, formativo ed informativo al fine di promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari negli enti del Terzo settore;

b) il divieto di erogare direttamente in denaro le risorse ad essi provenienti dal fondo unico nazionale, di seguito FUN nonche’ di trasferire a titolo gratuito beni mobili o immobili acquisiti mediante le medesime risorse;

c) l’obbligo di adottare una contabilita’ separata per le risorse provenienti da fonte diversa dal FUN;

d) l’obbligo di ammettere come associati le organizzazioni di volontariato e gli altri enti del Terzo settore, esclusi quelli costituiti in una delle forme del libro V del codice civile, che ne facciano richiesta, fatta salva la possibilita’ di subordinare il mantenimento dello status di associato al rispetto dei principi, dei valori e delle norme statutarie;

e) il diritto di tutti gli associati di votare, direttamente o indirettamente, in assemblea, ed in particolare di eleggere democraticamente i componenti degli organi di amministrazione e di controllo interno dell’ente, salvo quanto previsto dalle lettere f), g), ed h);

f) l’attribuzione della maggioranza di voti in ciascuna assemblea alle organizzazioni di volontariato;

g) misure dirette ad evitare il realizzarsi di situazioni di controllo dell’ente da parte di singoli associati o di gruppi minoritari di associati;

h) misure destinate a favorire la partecipazione attiva e l’effettivo coinvolgimento di tutti gli associati, sia di piccola che di grande dimensione, nella gestione del CSV;

i) specifici requisiti di onorabilita’, professionalita’, incompatibilita’ ed indipendenza per coloro che assumono cariche sociali, ed in particolare il divieto di ricoprire l’incarico di presidente dell’organo di amministrazione per:

1) coloro che hanno incarichi di governo nazionale, di giunta e consiglio regionale, di associazioni di comuni e consorzi intercomunali, e incarichi di giunta e consiglio comunale, circoscrizionale, di quartiere e simili, comunque denominati, purche’ con popolazione superiore a 15.000 abitanti;

2) i consiglieri di amministrazione e il presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all’articolo 114 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

3) i parlamentari nazionali ed europei;

4) coloro che ricoprono ruoli di livello nazionale o locale in organi dirigenti di partiti politici;

j) un numero massimo di mandati consecutivi per coloro che ricoprono la carica di componente dell’organo di amministrazione, nonche’ il divieto per la stessa persona di ricoprire la carica di presidente dell’organo di amministrazione per piu’ di nove anni;

k) il diritto dell’organismo territoriale di controllo, di seguito OTC competente di nominare, qualora l’ente fosse accreditato come CSV, un componente dell’organo di controllo interno del CSV con funzioni di presidente e dei componenti di tale organo di assistere alle riunioni dell’organo di amministrazione del CSV;

l) l’obbligo di redigere e rendere pubblico il bilancio sociale;

m) misure dirette a favorire la trasparenza e la pubblicita’ dei propri atti.

2. L’organismo nazionale di controllo, di seguito ONC stabilisce il numero di enti accreditabili come CSV nel territorio nazionale, assicurando comunque la presenza di almeno un CSV per ogni regione e provincia autonoma ed evitando sovrapposizione di competenze territoriali tra i CSV da accreditarsi. A tal fine, e fatto salvo quanto previsto dal comma 3, l’ONC accredita:

a) un CSV per ogni citta’ metropolitana e per ogni provincia con territorio interamente montano e confinante con Paesi stranieri ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56;

b) un CSV per ogni milione di abitanti non residenti nell’ambito territoriale delle citta’ metropolitane e delle province di cui alla lettera a).

3. I criteri di cui alle lettere a) e b) del comma 2 possono essere derogati, con atto motivato dell’ONC, in presenza di specifiche esigenze territoriali del volontariato o di contenimento dei costi.

In ogni caso, il numero massimo di CSV accreditabili, in ciascuna regione o provincia autonoma, non puo’ essere superiore a quello dei CSV istituiti alla data di entrata in vigore del presente decreto sulla base della previgente normativa.

4. L’accreditamento e’ revocabile nei casi previsti dal presente decreto.

Art. 62 
Finanziamento dei Centri di servizio per il volontariato 

1. Al fine di assicurare il finanziamento stabile dei CSV e’ istituito il FUN, alimentato da contributi annuali delle fondazioni di origine bancaria di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, di seguito FOB, ed amministrato dall’ONC in conformita’ alle norme del presente decreto.

2. Il FUN costituisce ad ogni effetto di legge patrimonio autonomo e separato da quello delle FOB, dell’ONC, e dei CSV, vincolato alla destinazione di cui al comma 9.

3. Ciascuna FOB destina ogni anno al FUN una quota non inferiore al quindicesimo del risultato della differenza tra l’avanzo dell’esercizio meno l’accantonamento a copertura dei disavanzi pregressi, alla riserva obbligatoria e l’importo minimo da destinare ai settori rilevanti ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettere c) e d), del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153.

4. Le FOB calcolano ogni anno, in sede di approvazione del bilancio di esercizio, le somme dovute ai sensi del comma 3 e le versano al FUN entro il 31 ottobre dell’anno di approvazione del bilancio, secondo modalita’ individuate dall’ONC.
5. Le FOB sono inoltre tenute a versare al FUN i contributi integrativi deliberati dall’ONC ai sensi del comma 11 e possono in ogni caso versare al FUN contributi volontari.

6. A decorrere dall’anno 2018, per le somme che, ai sensi dei commi 4 e 5, vengono versate al FUN, alle FOB e’ riconosciuto annualmente un credito d’imposta pari al 100 per cento dei versamenti effettuati, fino ad un massimo di euro 15 milioni per l’anno 2018 e di euro 10 milioni per gli anni successivi. Il credito di imposta e’ utilizzabile esclusivamente in compensazione, nei limiti dell’importo riconosciuto, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, presentando il modello F24 esclusivamente mediante servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento. Al credito d’imposta non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni. Il credito e’ cedibile, in esenzione dall’imposta di registro, nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 1260 e seguenti del codice civile, a intermediari bancari, finanziari e assicurativi, ed e’ utilizzabile dal cessionario alle medesime condizioni applicabili al cedente. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono definite le disposizioni applicative necessarie, ivi comprese le procedure per la concessione del contributo nel rispetto del limite di spesa stabilito.

7. L’ONC determina l’ammontare del finanziamento stabile triennale dei CSV, anche sulla base del fabbisogno storico e delle mutate esigenze di promozione del volontariato negli enti del Terzo settore, e ne stabilisce la ripartizione annuale e territoriale, su base regionale, secondo criteri trasparenti, obiettivi ed equi, definiti anche in relazione alla provenienza delle risorse delle FOB, ad esigenze di perequazione territoriale, nonche’ all’attribuzione storica delle risorse. L’ONC puo’ destinare all’associazione dei CSV piu’ rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di CSV ad essa aderenti una quota di tale finanziamento per la realizzazione di servizi strumentali ai CSV o di attivita’ di promozione del volontariato che possono piu’ efficacemente compiersi su scala nazionale.

8. L’ONC determina, secondo criteri di efficienza, di ottimizzazione e contenimento dei costi e di stretta strumentalita’ alle funzioni da svolgere ai sensi del presente decreto, l’ammontare previsto delle proprie spese di organizzazione e funzionamento a valere sul FUN, inclusi i costi relativi all’organizzazione e al funzionamento degli OTC e ai componenti degli organi di controllo interno dei CSV nominati ai sensi dell’articolo 65, comma 6, lettera e), in misura comunque non superiore al 5 per cento delle somme versate dalle FOB ai sensi del comma 3. In ogni caso, non possono essere posti a carico del FUN eventuali emolumenti riconosciuti ai componenti e ai dirigenti dell’ONC e degli OTC. Le somme non spese riducono di un importo equivalente l’ammontare da destinarsi al medesimo fine nell’anno successivo a quello di approvazione del bilancio di esercizio.

9. Le risorse del FUN sono destinate esclusivamente alla copertura dei costi di cui ai commi 7 ed 8. L’ONC, secondo modalita’ dalla stessa individuate, rende annualmente disponibili ai CSV, all’associazione dei CSV di cui al comma 7, e agli OTC le somme ad essi assegnate per lo svolgimento delle proprie funzioni.
10. Negli anni in cui i contributi obbligatori versati dalle FOB al FUN ai sensi del comma 3 risultino superiori ai costi annuali di cui ai commi 7 e 8, la differenza e’ destinata dall’ONC ad una riserva con finalita’ di stabilizzazione delle assegnazioni future ai CSV.

11. Negli anni in cui i contributi obbligatori versati dalle FOB al FUN ai sensi del comma 3 risultino inferiori ai costi annuali di cui ai commi 7 e 8, ed anche la riserva con finalita’ di stabilizzazione sia insufficiente per la loro copertura, l’ONC pone la differenza a carico delle FOB, richiedendo a ciascuna di esse il versamento al FUN di un contributo integrativo proporzionale a quello obbligatorio gia’ versato.

12. I CSV possono avvalersi di risorse diverse da quelle del FUN, che possono essere liberamente percepite e gestite dai CSV, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 61, comma 1, lettera c). I CSV non possono comunque accedere alle risorse del Fondo di cui all’articolo 72.

 
Art. 63 
Funzioni e compiti dei Centri di servizio per il volontariato 

1. I CSV utilizzano le risorse del FUN loro conferite al fine di organizzare, gestire ed erogare servizi di supporto tecnico, formativo ed informativo per promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari negli enti del Terzo settore, senza distinzione tra enti associati ed enti non associati, e con particolare riguardo alle organizzazioni di volontariato, nel rispetto e in coerenza con gli indirizzi strategici generali definiti dall’ONC ai sensi del articolo 64, comma 5, lettera d).

2. Ai fini di cui al comma 1, i CSV possono svolgere attivita’ varie riconducibili alle seguenti tipologie di servizi:

a) servizi di promozione, orientamento e animazione territoriale, finalizzati a dare visibilita’ ai valori del volontariato e all’impatto sociale dell’azione volontaria nella comunita’ locale, a promuovere la crescita della cultura della solidarieta’ e della cittadinanza attiva in particolare tra i giovani e nelle scuole, istituti di istruzione, di formazione ed universita’, facilitando l’incontro degli enti di Terzo settore con i cittadini interessati a svolgere attivita’ di volontariato, nonche’ con gli enti di natura pubblica e privata interessati a promuovere il volontariato;

b) servizi di formazione, finalizzati a qualificare i volontari o coloro che aspirino ad esserlo, acquisendo maggiore consapevolezza dell’identita’ e del ruolo del volontario e maggiori competenze trasversali, progettuali, organizzative a fronte dei bisogni della propria organizzazione e della comunita’ di riferimento;

c) servizi di consulenza, assistenza qualificata ed accompagnamento, finalizzati a rafforzare competenze e tutele dei volontari negli ambiti giuridico, fiscale, assicurativo, del lavoro, progettuale, gestionale, organizzativo, della rendicontazione economico-sociale, della ricerca fondi, dell’accesso al credito, nonche’ strumenti per il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze acquisite dai volontari medesimi;

d) servizi di informazione e comunicazione, finalizzati a incrementare la qualita’ e la quantita’ di informazioni utili al volontariato, a supportare la promozione delle iniziative di volontariato, a sostenere il lavoro di rete degli enti del Terzo settore tra loro e con gli altri soggetti della comunita’ locale per la cura dei beni comuni, ad accreditare il volontariato come interlocutore autorevole e competente;

e) servizi di ricerca e documentazione, finalizzati a mettere a disposizione banche dati e conoscenze sul mondo del volontariato e del Terzo settore in ambito nazionale, comunitario e internazionale;

f) servizi di supporto tecnico-logistico, finalizzati a facilitare o promuovere l’operativita’ dei volontari, attraverso la messa a disposizione temporanea di spazi, strumenti ed attrezzature.
3. I servizi organizzati mediante le risorse del FUN sono erogati nel rispetto dei seguenti principi:

a) principio di qualita’: i servizi devono essere della migliore qualita’ possibile considerate le risorse disponibili; i CSV applicano sistemi di rilevazione e controllo della qualita’, anche attraverso il coinvolgimento dei destinatari dei servizi;

b) principio di economicita’: i servizi devono essere organizzati, gestiti ed erogati al minor costo possibile in relazione al principio di qualita’;

c) principio di territorialita’ e di prossimita’: i servizi devono essere erogati da ciascun CSV prevalentemente in favore di enti aventi sede legale ed operativita’ principale nel territorio di riferimento, e devono comunque essere organizzati in modo tale da ridurre il piu’ possibile la distanza tra fornitori e destinatari, anche grazie all’uso di tecnologie della comunicazione;

d) principio di universalita’, non discriminazione e pari opportunita’ di accesso: i servizi devono essere organizzati in modo tale da raggiungere il maggior numero possibile di beneficiari; tutti gli aventi diritto devono essere posti effettivamente in grado di usufruirne, anche in relazione al principio di pubblicita’ e trasparenza;

e) principio di integrazione: i CSV, soprattutto quelli che operano nella medesima regione, sono tenuti a cooperare tra loro allo scopo di perseguire virtuose sinergie ed al fine di fornire servizi economicamente vantaggiosi;

f) principio di pubblicita’ e trasparenza: i CSV rendono nota l’offerta dei servizi alla platea dei propri destinatari, anche mediante modalita’ informatiche che ne assicurino la maggiore e migliore diffusione; essi inoltre adottano una carta dei servizi mediante la quale rendono trasparenti le caratteristiche e le modalita’ di erogazione di ciascun servizio, nonche’ i criteri di accesso ed eventualmente di selezione dei beneficiari.

4. In caso di scioglimento dell’ente accreditato come CSV o di revoca dell’accreditamento, le risorse del FUN ad esso assegnate ma non ancora utilizzate devono essere versate entro centoventi giorni dallo scioglimento o dalla revoca all’ONC, che le destina all’ente accreditato come CSV in sostituzione del precedente, o in mancanza, ad altri CSV della medesima regione o, in mancanza, alla riserva con finalita’ di stabilizzazione del FUN.

5. In caso di scioglimento dell’ente accreditato come CSV o di revoca dell’accreditamento, eventuali beni mobili o immobili acquisiti dall’ente mediante le risorse del FUN mantengono il vincolo di destinazione e devono essere trasferiti dall’ente secondo le indicazioni provenienti dall’ONC.

 
Art. 64 
Organismo nazionale di controllo 

1. L’ONC e’ una fondazione con personalita’ giuridica di diritto privato, costituita con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al fine di svolgere, per finalita’ di interesse generale, funzioni di indirizzo e di controllo dei CSV. Essa gode di piena autonomia statutaria e gestionale nel rispetto delle norme del presente decreto, del codice civile e dalle disposizioni di attuazione del medesimo. Le funzioni di controllo e di vigilanza sull’ONC previste dall’articolo 25 del codice civile sono esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

2. Il decreto di cui al comma 1 provvede alla nomina dei componenti dell’organo di amministrazione dell’ONC, che deve essere formato da:

a) sette membri, di cui uno con funzioni di Presidente, designati dall’associazione delle FOB piu’ rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di FOB ad essa aderenti;

b) due membri designati dall’associazione dei CSV piu’ rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di CSV ad essa aderenti;

c) due membri, di cui uno espressione delle organizzazioni di volontariato, designati dall’associazione degli enti del Terzo settore piu’ rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di enti del Terzo settore ad essa aderenti;

d) un membro designato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali;

e) un membro designato dalla Conferenza Stato-Regioni.

3. I componenti dell’organo di amministrazione sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, durano in carica tre anni, ed in ogni caso sino al rinnovo dell’organo medesimo. Per ogni componente effettivo e’ designato un supplente. I componenti non possono essere nominati per piu’ di tre mandati consecutivi. Per la partecipazione all’ONC non possono essere corrisposti a favore dei componenti emolumenti gravanti sul FUN o sul bilancio dello Stato.

4. Come suo primo atto, l’organo di amministrazione adotta lo statuto dell’ONC col voto favorevole di almeno dodici dei suoi componenti. Eventuali modifiche statutarie devono essere deliberate dall’organo di amministrazione con la medesima maggioranza di voti.

5. L’ONC svolge le seguenti funzioni in conformita’ alle norme, ai principi e agli obiettivi del presente decreto e alle disposizioni del proprio statuto:

a) amministra il FUN e riceve i contributi delle FOB secondo modalita’ da essa individuate;

b) determina i contributi integrativi dovuti dalle FOB ai sensi dell’articolo 62, comma 11;

c) stabilisce il numero di enti accreditabili come CSV nel territorio nazionale nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 61, commi 2 e 3;

d) definisce triennalmente, nel rispetto dei principi di sussidiarieta’ e di autonomia ed indipendenza delle organizzazioni di volontariato e di tutti gli altri enti del Terzo settore, gli indirizzi strategici generali da perseguirsi attraverso le risorse del FUN;

e) determina l’ammontare del finanziamento stabile triennale dei CSV e ne stabilisce la ripartizione annuale e territoriale, su base regionale, secondo quanto previsto dall’articolo 62, comma 7;

f) versa annualmente ai CSV e all’associazione dei CSV piu’ rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di CSV ad essa aderenti le somme loro assegnate;

g) sottopone a verifica la legittimita’ e la correttezza dell’attivita’ svolta dall’associazione dei CSV di cui all’articolo 62, comma 7, attraverso le risorse del FUN ad essa assegnate dall’ONC ai sensi dell’articolo medesimo;

h) determina i costi del suo funzionamento, inclusi i costi di funzionamento degli OTC e i costi relativi ai componenti degli organi di controllo interno dei CSV, nominati ai sensi dell’articolo 65, comma 7, lettera e); (1)

i) individua criteri obiettivi ed imparziali e procedure pubbliche e trasparenti di accreditamento dei CSV, tenendo conto, tra gli altri elementi, della rappresentativita’ degli enti richiedenti, espressa anche dal numero di enti associati, della loro esperienza nello svolgimento dei servizi di cui all’articolo 63, e della competenza delle persone che ricoprono le cariche sociali;

j) accredita i CSV, di cui tiene un elenco nazionale che rende pubblico con le modalita’ piu’ appropriate;

k) definisce gli indirizzi generali, i criteri e le modalita’ operative cui devono attenersi gli OTC nell’esercizio delle proprie funzioni, e ne approva il regolamento di funzionamento;

l) predispone modelli di previsione e rendicontazione che i CSV sono tenuti ad osservare nella gestione delle risorse del FUN;

m) controlla l’operato degli OTC e ne autorizza spese non preventivate;

n) assume i provvedimenti sanzionatori nei confronti dei CSV, su propria iniziativa o su iniziativa degli OTC;

o) promuove l’adozione da parte dei CSV di strumenti di verifica della qualita’ dei servizi erogati dai CSV medesimi attraverso le risorse del FUN, e ne valuta gli esiti;

p) predispone una relazione annuale sulla proprie attivita’ e sull’attivita’ e lo stato dei CSV, che invia al Ministero del lavoro e delle politiche sociali entro il 31 maggio di ogni anno e rende pubblica attraverso modalita’ telematiche.

6. L’ONC non puo’ finanziare iniziative o svolgere attivita’ che non siano direttamente connesse allo svolgimento delle funzioni di cui al comma 5.

(1) Lettera così modificata dall’ art. 17, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Art. 65 
Organismi territoriali di controllo 

1. Gli OTC sono uffici territoriali dell’ONC privi di autonoma soggettività giuridica, chiamati a svolgere, nell’interesse generale, funzioni di controllo dei CSV nel territorio di riferimento, in conformità alle norme del presente decreto e allo statuto e alle direttive dell’ONC.

2. Sono istituiti i seguenti OTC:

Ambito 1: Liguria;

Ambito 2: Piemonte e Val d’Aosta;

Ambito 3: Lombardia;

Ambito 4: Veneto;

Ambito 5: Trento e Bolzano;

Ambito 6: Emilia-Romagna;

Ambito 7: Toscana;

Ambito 8: Marche e Umbria;

Ambito 9: Lazio e Abruzzo;

Ambito 10: Puglia e Basilicata;

Ambito 11: Calabria;

Ambito 12: Campania e Molise;

Ambito 13: Sardegna;

Ambito 14: Sicilia;

Ambito 15: Friuli Venezia Giulia. (1)

3. Gli OTC di cui agli ambiti 1, 3, 4, 6, 7, 11, 13, 14 e 15 sono composti da: (2)

a) quattro membri, di cui uno con funzioni di Presidente, designati dalle FOB;

b) un membro, espressione delle organizzazioni di volontariato del territorio, designato dall’associazione degli enti del Terzo settore più rappresentativa sul territorio di riferimento in ragione del numero di enti del Terzo settore ad essa aderenti, aventi sede legale o operativa nel territorio di riferimento;

c) un membro designato dalla Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI);

d) un membro designato dalla Regione.

4. Gli OTC di cui agli ambiti 2, 5, 8, 9, 10 e 12 sono composti da: (3)

a) sette membri, di cui uno con funzioni di Presidente, designati dalle FOB;

b) due membri, espressione delle organizzazioni di volontariato del territorio, designati uno per ciascun territorio di riferimento, dall’associazione degli enti del Terzo settore più rappresentativa sul territorio di riferimento in ragione del numero di enti del Terzo settore ad essa aderenti, aventi sede legale o operativa nei territori di riferimento; (4)

c) due membri designati dalla Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI);

d) due membri designati, uno per ciascun territorio di riferimento, dalle Regioni o dalle Province autonome.

5. I componenti dell’OTC sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, durano in carica tre anni, ed in ogni caso sino al loro rinnovo, e non possono essere nominati per più di tre mandati consecutivi. Per ogni componente effettivo è designato un supplente. Per la partecipazione all’OTC non possono essere corrisposti emolumenti a favore dei componenti, gravanti sul FUN o sul bilancio dello Stato.

6. Come suo primo atto, ciascun OTC adotta un proprio regolamento di funzionamento e lo invia all’ONC per la sua approvazione.

7. Gli OTC svolgono le seguenti funzioni in conformità alle norme, ai principi e agli obiettivi del presente decreto, alle disposizioni dello statuto e alle direttive dell’ONC, e al proprio regolamento che dovrà disciplinarne nel dettaglio le modalità di esercizio:

a) ricevono le domande e istruiscono le pratiche di accreditamento dei CSV, in particolare verificando la sussistenza dei requisiti di accreditamento;

b) verificano periodicamente, con cadenza almeno biennale, il mantenimento dei requisiti di accreditamento come CSV; sottopongono altresì a verifica i CSV quando ne facciano richiesta formale motivata il Presidente dell’organo di controllo interno del CSV o un numero non inferiore al 30 per cento di enti associati o un numero di enti non associati pari ad almeno il 5 per cento del totale degli enti iscritti nelle pertinenti sezioni regionali del Registro unico nazionale del Terzo settore;

c) ripartiscono tra i CSV istituiti in ciascuna regione il finanziamento deliberato dall’ONC su base regionale ed ammettono a finanziamento la programmazione dei CSV;

d) verificano la legittimità e la correttezza dell’attività dei CSV in relazione all’uso delle risorse del FUN, nonché la loro generale adeguatezza organizzativa, amministrativa e contabile, tenendo conto delle disposizioni del presente decreto e degli indirizzi generali strategici fissati dall’ONC;

e) nominano, tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro e con specifica competenza in materia di Terzo settore, un componente dell’organo di controllo interno del CSV con funzioni di presidente e diritto di assistere alle riunioni dell’organo di amministrazione del CSV;

f) propongono all’ONC l’adozione di provvedimenti sanzionatori nei confronti dei CSV;

g) predispongono una relazione annuale sulla propria attività, che inviano entro il 30 aprile di ogni anno all’ONC e rendono pubblica mediante modalità telematiche.

8. Gli OTC non possono finanziare iniziative o svolgere attività che non siano direttamente connesse allo svolgimento delle funzioni di cui al comma 7.

(1) Comma così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(2) Alinea così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(3) Alinea così modificato dall’ art. 18, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(4) Lettera così modificata dall’ art. 18, comma 1, lett. d), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Art. 66 
Sanzioni e ricorsi 

1. In presenza di irregolarita’, gli OTC invitano i CSV ad adottare i provvedimenti e le misure necessarie a sanarle.

2. In presenza di irregolarita’ non sanabili o non sanate, gli OTC denunciano l’irregolarita’ all’ONC affinche’ adotti i provvedimenti necessari. L’ONC, previo accertamento dei fatti e sentito in contraddittorio il CSV interessato, adotta i seguenti provvedimenti a seconda della gravita’ del caso:

a) diffida formale con eventuale sospensione dell’accreditamento nelle more della sanatoria dell’irregolarita’;

b) revoca dell’accreditamento, esperita dopo aver sollecitato, senza ottenere riscontro, il rinnovo dei componenti dell’organo di amministrazione del CSV.

3. Contro i provvedimenti dell’ONC e’ ammesso ricorso dinanzi al giudice amministrativo.

Capo III 
Di altre specifiche misure 
Art. 67 
Accesso al credito agevolato 

1. Le provvidenze creditizie e fideiussorie previste dalle norme vigenti per le cooperative e i loro consorzi sono estese, senza ulteriori oneri per lo Stato, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale che, nell’ambito delle convenzioni di cui all’articolo 56, abbiano ottenuto l’approvazione di uno o piu’ progetti di attivita’ e di servizi di interesse generale inerenti alle finalita’ istituzionali.

Art. 68 
Privilegi 

1. I crediti delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale, inerenti allo svolgimento delle attivita’ di cui all’articolo 5, hanno privilegio generale sui beni mobili del debitore ai sensi dell’articolo 2751-bis del codice civile.

2. I crediti di cui al comma 1 sono collocati, nell’ordine dei privilegi, subito dopo i crediti di cui alla lettera c) del secondo comma dell’articolo 2777 del codice civile.

 
Art. 69 
Accesso al Fondo sociale europeo 

1. Lo Stato, le Regioni e le Province autonome promuovono le opportune iniziative per favorire l’accesso degli enti del Terzo settore ai finanziamenti del Fondo sociale europeo e ad altri finanziamenti europei per progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi istituzionali.

 
Art. 70 
Strutture e autorizzazioni temporanee per manifestazioni pubbliche 

1. Lo Stato, le Regioni e Province autonome e gli Enti locali possono prevedere forme e modi per l’utilizzazione non onerosa di beni mobili e immobili per manifestazioni e iniziative temporanee degli enti del Terzo settore, nel rispetto dei principi di trasparenza, pluralismo e uguaglianza.
2. Gli enti del Terzo settore, in occasione di particolari eventi o manifestazioni, possono, soltanto per il periodo di svolgimento delle predette manifestazioni e per i locali o gli spazi cui si riferiscono, somministrare alimenti e bevande, previa segnalazione certificata di inizio attivita’ e comunicazione ai sensi dell’articolo 6 del Regolamento (CE) n. 852/2004, in deroga al possesso dei requisiti di cui all’articolo 71 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59.

Art. 71 
Locali utilizzati 

1. Le sedi degli enti del Terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attivita’ istituzionali, purche’ non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica.

2. Lo Stato, le Regioni e Province autonome e gli Enti locali possono concedere in comodato beni mobili ed immobili di loro proprieta’, non utilizzati per fini istituzionali, agli enti del Terzo settore, ad eccezione delle imprese sociali, per lo svolgimento delle loro attivita’ istituzionali. La cessione in comodato ha una durata massima di trent’anni, nel corso dei quali l’ente concessionario ha l’onere di effettuare sull’immobile, a proprie cura e spese, gli interventi di manutenzione e gli altri interventi necessari a mantenere la funzionalita’ dell’immobile.

3. I beni culturali immobili di proprieta’ dello Stato, delle regioni, degli enti locali e degli altri enti pubblici, per l’uso dei quali attualmente non e’ corrisposto alcun canone e che richiedono interventi di restauro, possono essere dati in concessione a enti del terzo settore, che svolgono le attivita’ indicate all’articolo 5, comma 1, lettere f), i), k), o z) con pagamento di un canone agevolato, determinato dalle amministrazioni interessate, ai fini della riqualificazione e riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione a spese del concessionario, anche con l’introduzione di nuove destinazioni d’uso finalizzate allo svolgimento delle attivita’ indicate, ferme restando le disposizioni contenute nel decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. La concessione d’uso e’ finalizzata alla realizzazione di un progetto di gestione del bene che ne assicuri la corretta conservazione, nonche’ l’apertura alla pubblica fruizione e la migliore valorizzazione. Dal canone di concessione vengono detratte le spese sostenute dal concessionario per gli interventi indicati nel primo periodo entro il limite massimo del canone stesso.
L’individuazione del concessionario avviene mediante le procedure semplificate di cui all’articolo 151, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. Le concessioni di cui al presente comma sono assegnate per un periodo di tempo commisurato al raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa e comunque non eccedente i 50 anni.

4. Per concorrere al finanziamento di programmi di costruzione, di recupero, di restauro, di adattamento, di adeguamento alle norme di sicurezza e di straordinaria manutenzione di strutture o edifici da utilizzare per le finalita’ di cui al comma 1, per la dotazione delle relative attrezzature e per la loro gestione, gli enti del Terzo settore sono ammessi ad usufruire, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, al ricorrere dei presupposti e in condizioni di parita’ con gli altri aspiranti, di tutte le facilitazioni o agevolazioni previste per i privati, in particolare per quanto attiene all’accesso al credito agevolato.

 
Capo IV 
Delle risorse finanziarie
Art. 72 
Fondo per il finanziamento di progetti e attivita’ di interesse generale nel terzo settore 

1. Il Fondo previsto dall’articolo 9, comma 1, lettera g), della legge 6 giugno 2016, n. 106, è destinato a sostenere, anche attraverso le reti associative di cui all’articolo 41, lo svolgimento di attività di interesse generale di cui all’articolo 5, costituenti oggetto di iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni del Terzo settore, iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore.

2. Le iniziative e i progetti di cui al comma 1 possono essere finanziati anche in attuazione di accordi sottoscritti, ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

3. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali determina annualmente, per un triennio, con proprio atto di indirizzo, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, gli obiettivi generali, le aree prioritarie di intervento e le linee di attività finanziabili nei limiti delle risorse disponibili sul Fondo medesimo. (1)

4. In attuazione dell’atto di indirizzo di cui al comma 3, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali individua i soggetti attuatori degli interventi finanziabili attraverso le risorse del Fondo, mediante procedure poste in essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241.

5. Per l’anno 2017, la dotazione della seconda sezione del Fondo di cui all’articolo 9, comma 1, lettera g), della legge 6 giugno 2016, n. 106, è incrementata di 40 milioni di euro. A decorrere dall’anno 2018 la medesima dotazione è incrementata di 20 milioni di euro annui, salvo che per l’anno 2021, per il quale è incrementata di 3,9 milioni di euro.

(1) Comma così modificato dall’ art. 19, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

 
Art. 73 
Altre risorse finanziarie specificamente destinate al sostegno degli enti del Terzo settore 

1. A decorrere dall’anno 2017, le risorse finanziarie del Fondo nazionale per le politiche sociali, di cui all’articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328, destinate alla copertura degli oneri relativi agli interventi in materia di Terzo settore di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui alle seguenti disposizioni, sono trasferite, per le medesime finalita’, su un apposito capitolo di spesa iscritto nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel programma «Terzo settore (associazionismo, volontariato, Onlus e formazioni sociali) e responsabilita’ sociale delle imprese e delle organizzazioni», nell’ambito della missione «Diritti sociali, politiche sociali e famiglia»:

a) articolo 12, comma 2 della legge 11 agosto 1991, n. 266, per un ammontare di 2 milioni di euro;

b) articolo 1 della legge 15 dicembre 1998, n. 438, per un ammontare di 5,16 milioni di euro;

c) articolo 96, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342, per un ammontare di 7,75 milioni di euro;

d) articolo 13 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, per un ammontare di 7,050 milioni di euro;

2. Con uno o piu’ atti di indirizzo del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono determinati annualmente, nei limiti delle risorse complessivamente disponibili, gli obiettivi generali, le aree prioritarie di intervento, le linee di attivita’ finanziabili e la destinazione delle risorse di cui al comma 1 per le seguenti finalita’:

a) sostegno alle attivita’ delle organizzazioni di volontariato;

b) sostegno alle attivita’ delle associazioni di promozione sociale;

c) contributi per l’acquisto di autoambulanze, autoveicoli per attivita’ sanitarie e beni strumentali.

3. In attuazione degli atti di indirizzo di cui al comma 2, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali individua, mediante procedure poste in essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241, i soggetti beneficiari delle risorse, che devono essere iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore.

Art. 74 
Sostegno alle attivita’ delle organizzazioni di volontariato 

1. Le risorse di cui all’articolo 73, comma 2, lettera a), sono finalizzate alla concessione di contributi per la realizzazione di progetti sperimentali elaborati anche in partenariato tra loro e in collaborazione con gli enti locali, dalle organizzazioni di volontariato per far fronte ad emergenze sociali e per favorire l’applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate.

 
Art. 75 
Sostegno alle attivita’ delle associazioni di promozione sociale 

1. Le risorse di cui all’articolo 73, comma 2, lettera b), sono finalizzate alla concessione di contributi per la realizzazione di progetti elaborati dalle associazioni di promozione sociale, anche in partenariato tra loro e in collaborazione con gli enti locali, volti alla formazione degli associati, al miglioramento organizzativo e gestionale, all’incremento della trasparenza e della rendicontazione al pubblico delle attivita’ svolte o a far fronte a particolari emergenze sociali, in particolare attraverso l’applicazione di metodologie avanzate o a carattere sperimentale.

2. Il contributo in favore dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 19 novembre 1987, n. 476, nella misura indicata all’articolo 1 comma 2, della legge 15 dicembre 1998, n. 438, continua ad essere corrisposto, a valere sulle risorse di cui all’articolo 73, comma 2, lettera b).

3. I soggetti di cui al comma 2 trasmettono entro un anno dall’erogazione del contributo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali la rendicontazione sull’utilizzazione nell’anno precedente del contributo di cui al comma 2.

 
Art. 76 
Contributo per l’acquisto di autoambulanze, autoveicoli per attivita’ sanitarie e beni strumentali 

1. Le risorse di cui all’articolo 73, comma 2, lettera c), sono destinate a sostenere l’attività di interesse generale delle organizzazioni di volontariato attraverso l’erogazione di contributi per l’acquisto, da parte delle medesime, di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e di beni strumentali, utilizzati direttamente ed esclusivamente per attività di interesse generale, che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diverse utilizzazioni senza radicali trasformazioni, nonché per la donazione dei beni ivi indicati nei confronti delle strutture sanitarie pubbliche da parte delle organizzazioni di volontariato e delle fondazioni. (1)

2. Per l’acquisto di autoambulanze e di beni mobili iscritti in pubblici registri destinati ad attivita’ antincendio da parte dei vigili del fuoco volontari, in alternativa a quanto disposto al comma 1, le organizzazioni di volontariato possono conseguire il predetto contributo nella misura corrispondente all’aliquota IVA del prezzo complessivo di acquisto, mediante corrispondente riduzione del medesimo prezzo praticata dal venditore. Il venditore recupera le somme corrispondenti alla riduzione praticata mediante compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

3. Per le organizzazioni di volontariato aderenti alle reti associative di cui all’articolo 41, comma 2, la richiesta e l’erogazione dei contributi di cui al comma 1 deve avvenire per il tramite delle reti medesime.

4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono stabilite le modalita’ per l’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo.

(1) Comma così modificato dall’ art. 20, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

 
Titolo IX 
TITOLI DI SOLIDARIETA’ DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE ED ALTRE FORME DI FINANZA SOCIALE
Art. 77 
Titoli di solidarieta’

1. Al fine di favorire il finanziamento ed il sostegno delle attività di cui all’articolo 5, svolte dagli enti del Terzo settore iscritti al Registro di cui all’articolo 45, gli istituti di credito autorizzati ad operare in Italia, in osservanza delle previsioni del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, di seguito «emittenti» o, singolarmente, l’«emittente», possono emettere specifici «titoli di solidarietà», di seguito «titoli», su cui gli emittenti non applicano le commissioni di collocamento. (3)

2. I titoli sono obbligazioni ed altri titoli di debito, non subordinati, non convertibili e non scambiabili, e non conferiscono il diritto di sottoscrivere o acquisire altri tipi di strumenti finanziari e non sono collegati ad uno strumento derivato, nonché certificati di deposito consistenti in titoli individuali non negoziati nel mercato monetario.

3. Per le obbligazioni e per gli altri titoli di debito restano ferme le disposizioni legislative e regolamentari in materia di strumenti finanziari di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e relative disposizioni attuative. Per i certificati di deposito consistenti in titoli individuali non negoziati nel mercato monetario restano ferme le disposizioni in materia di trasparenza bancaria dettate dal decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.

4. Le obbligazioni e gli altri titoli di debito di cui al comma 3 hanno scadenza non inferiore a 36 mesi, possono essere nominativi ovvero al portatore e corrispondono interessi con periodicità almeno annuale, in misura almeno pari al maggiore tra il tasso rendimento lordo annuo di obbligazioni dell’emittente, aventi analoghe caratteristiche e durata, collocate nel trimestre solare precedente la data di emissione dei titoli e il tasso di rendimento lordo annuo dei titoli di Stato con vita residua similare a quella dei titoli. I certificati di deposito di cui al comma 3 hanno scadenza non inferiore a 12 mesi, corrispondono interessi con periodicità almeno annuale, in misura almeno pari al maggiore tra il tasso rendimento lordo annuo di certificati di deposito dell’emittente, aventi analoghe caratteristiche e durata, emessi nel trimestre solare precedente la data di emissione dei titoli e il tasso di rendimento lordo annuo dei titoli di Stato con vita residua similare a quella dei titoli. Gli emittenti possono applicare un tasso inferiore rispetto al maggiore tra i due tassi di rendimento sopra indicati, a condizione che si riduca corrispondentemente il tasso di interesse applicato sulle correlate operazioni di finanziamento secondo le modalità indicate nel decreto attuativo di cui al comma 15. A tale fine, gli emittenti devono essere in grado di fornire un’evidenza, oggetto di approvazione da parte del relativo organo amministrativo, dei tassi ordinariamente applicati sulle operazioni di raccolta e sulle operazioni di impiego, equivalenti per durata, forma tecnica, tipologia di tasso fisso o variabile e, se disponibile, rischio di controparte. (1)

5. Gli emittenti possono erogare, a titolo di liberalità, una somma commisurata all’ammontare nominale collocato dei titoli, ad uno o più enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, per il sostegno di attività di cui all’articolo 5, ritenute meritevoli dagli emittenti sulla base di un progetto predisposto dagli enti destinatari della liberalità. Qualora tale somma sia almeno pari allo 0,60 per cento del predetto ammontare agli emittenti spetta il credito d’imposta di cui al comma 10. (4)

6. Gli emittenti, tenuto conto delle richieste di finanziamento pervenute dagli enti del Terzo settore e compatibilmente con le esigenze di rispetto delle regole di sana e prudente gestione bancaria, devono destinare una somma pari all’intera raccolta effettuata attraverso l’emissione dei titoli, al netto dell’eventuale erogazione liberale di cui al comma 5, ad impieghi a favore degli enti del Terzo settore di cui al comma 1, per il finanziamento di iniziative di cui all’articolo 5. Le somme raccolte con l’emissione dei titoli e non impiegate a favore degli enti del Terzo settore entro dodici mesi dal loro collocamento sono utilizzate per la sottoscrizione o per l’acquisto di titoli di Stato italiani aventi durata pari a quella originaria dei relativi titoli. (5)

7. Salvo quanto previsto al comma 5, il rispetto da parte degli emittenti della previsione di cui al comma 6 è condizione necessaria per l’applicazione dei commi da 8 a 13.

8. I titoli di solidarietà non rilevano ai fini del computo delle contribuzioni dovute dai soggetti sottoposti alla vigilanza della CONSOB e da quest’ultima determinate ai sensi dell’articolo 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.

9. Gli interessi, i premi ed ogni altro provento di cui all’articolo 44 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917 e i redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-ter) del medesimo decreto, relativi ai titoli, sono soggetti al regime fiscale previsto per i medesimi redditi relativi a titoli ed altre obbligazioni di cui all’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 601.

10. Agli emittenti è riconosciuto un credito d’imposta pari al 50 per cento delle erogazioni liberali in danaro di cui al comma 5 effettuate a favore degli enti del Terzo settore. Tale credito d’imposta non è cumulabile con altre agevolazioni tributarie previste con riferimento alle erogazioni liberali, è utilizzabile tramite compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 e non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive. Al credito d’imposta di cui al presente articolo non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

11. I titoli non rilevano ai fini della previsione di cui all’articolo 1, comma 6-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

12. I titoli non concorrono alla formazione dell’attivo ereditario di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346.

13. I titoli non rilevano ai fini della determinazione dell’imposta di bollo dovuta per le comunicazioni relative ai depositi titoli, di cui alla nota 2-ter dell’allegato A – Tariffa (Parte I), al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642.

14. Gli emittenti devono comunicare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali entro il 31 marzo di ogni anno, il valore delle emissioni di Titoli effettuate nell’anno precedente, le erogazioni liberali impegnate a favore degli Enti di cui al comma 1 e gli importi erogati ai sensi del comma 5 del presente articolo specificando l’Ente beneficiario e le iniziative sostenute e gli importi impiegati di cui al comma 6 specificando le iniziative oggetto di finanziamento. Gli emittenti provvedono a pubblicare sul proprio sito internet, con cadenza almeno annuale, i dati relativi ai finanziamenti erogati con l’indicazione dell’ente beneficiario e delle iniziative sostenute ai sensi del presente articolo. (2)

[15. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità attuative delle disposizioni di cui al presente articolo. (6) ]

(1) Comma così modificato dall’ art. 21, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(2) Comma così modificato dall’ art. 21, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(3) Comma così modificato dall’ art. 24-ter, comma 2, lett. a), D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136.
(4) Comma così modificato dall’ art. 24-ter, comma 2, lett. b), D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136.
(5) Comma così modificato dall’ art. 24-ter, comma 2, lett. c), D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136.
(6) Comma abrogato dall’ art. 24-ter, comma 2, lett. d), D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136.

 
Art. 78 
Regime fiscale del Social Lending 

1. I soggetti gestori delle piattaforme di cui all’articolo 44, comma 1, lettera d-bis), del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, operano, sui redditi di capitale corrisposti a persone fisiche per il loro tramite, una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta con l’aliquota prevista per le obbligazioni e gli altri titoli di cui all’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, nel caso in cui i prestiti erogati attraverso le piattaforme siano stati destinati al finanziamento e al sostegno delle attività di cui all’articolo 5. (1)

[2. Gli importi percepiti, a titolo di remunerazione, dai soggetti che, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, prestano fondi attraverso i portali di cui al comma 1, costituiscono redditi di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. (2) ]

3. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità attuative delle disposizioni di cui al presente articolo.

(1) Comma così sostituito dall’ art. 22, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(2) Comma abrogato dall’ art. 22, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Titolo X
REGIME FISCALE DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE 
Capo I 
Disposizioni generali
Art. 79 
Disposizioni in materia di imposte sui redditi 

1. Agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali, si applicano le disposizioni di cui al presente titolo nonché le norme del titolo II del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in quanto compatibili.

2. Le attività di interesse generale di cui all’articolo 5, ivi incluse quelle accreditate o contrattualizzate o convenzionate con le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, l’Unione europea, amministrazioni pubbliche straniere o altri organismi pubblici di diritto internazionale, si considerano di natura non commerciale quando sono svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenuto anche conto degli apporti economici degli enti di cui sopra e salvo eventuali importi di partecipazione alla spesa previsti dall’ordinamento.

2-bis. Le attività di cui al comma 2 si considerano non commerciali qualora i ricavi non superino di oltre il 5 per cento i relativi costi per ciascun periodo d’imposta e per non oltre due periodi d’imposta consecutivi. (5)

3. Sono altresì considerate non commerciali:

a) le attività di cui all’articolo 5, comma 1, lettera h), se svolte direttamente dagli enti di cui al comma 1 la cui finalità principale consiste nello svolgere attività di ricerca scientifica di particolare interesse sociale e purché tutti gli utili siano interamente reinvestiti nelle attività di ricerca e nella diffusione gratuita dei loro risultati e non vi sia alcun accesso preferenziale da parte di altri soggetti privati alle capacità di ricerca dell’ente medesimo nonché ai risultati prodotti;

b) le attività di cui all’articolo 5, comma 1, lettera h), affidate dagli enti di cui al comma 1 ad università e altri organismi di ricerca che la svolgono direttamente in ambiti e secondo modalità definite dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2003, n. 135.

b-bis) le attività di cui all’articolo 5, comma 1, lettere a), b) e c), se svolte da fondazioni delle ex istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, a condizione che gli utili siano interamente reinvestiti nelle attività di natura sanitaria o socio-sanitaria e che non sia deliberato alcun compenso a favore degli organi amministrativi (6).

4. Non concorrono, in ogni caso, alla formazione del reddito degli enti del Terzo settore di cui al comma 5:

a) i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;

b) i contributi e gli apporti erogati da parte delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 per lo svolgimento, anche convenzionato o in regime di accreditamento di cui all’articolo 9, comma 1, lettera g), del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, delle attività di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo (1).

5. Si considerano non commerciali gli enti del Terzo settore di cui al comma 1 che svolgono in via esclusiva o prevalente le attività di cui all’articolo 5 in conformità ai criteri indicati nei commi 2 e 3 del presente articolo. Indipendentemente dalle previsioni statutarie gli enti del Terzo settore assumono fiscalmente la qualifica di enti commerciali qualora i proventi delle attività di cui all’articolo 5, svolte in forma d’impresa non in conformità ai criteri indicati nei commi 2 e 3 del presente articolo, nonché le attività di cui all’articolo 6, fatta eccezione per le attività di sponsorizzazione svolte nel rispetto dei criteri di cui al decreto previsto all’articolo 6, superano, nel medesimo periodo d’imposta, le entrate derivanti da attività non commerciali. (2)

5-bis. Si considerano entrate derivanti da attività non commerciali i contributi, le sovvenzioni, le liberalità, le quote associative dell’ente e ogni altra entrata assimilabile alle precedenti, ivi compresi i proventi e le entrate considerate non commerciali ai sensi dei commi 2, 3 e 4 tenuto conto altresì del valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività svolte con modalità non commerciali. (3)

5-ter. Il mutamento della qualifica, da ente di terzo settore non commerciale a ente di terzo settore commerciale, opera a partire dal periodo d’imposta in cui l’ente assume natura commerciale. (3)

6. Si considera non commerciale l’attività svolta dalle associazioni del Terzo settore nei confronti dei propri associati e dei familiari e conviventi degli stessi in conformità alle finalità istituzionali dell’ente. Non concorrono alla formazione del reddito delle associazioni del Terzo settore le somme versate dagli associati a titolo di quote o contributi associativi. Si considerano, tuttavia, attività di natura commerciale le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli associati e dei familiari e conviventi degli stessi verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi diversi a seconda che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità. (4)

(1) Lettera così modificata dall’ art. 23, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(2) Comma così modificato dall’ art. 23, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(3) Comma inserito dall’ art. 23, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(4) Comma così modificato dall’ art. 23, comma 1, lett. d), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(5) Comma inserito dall’ art. 24-ter, comma 3, D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136.
(6) Lettera aggiunta dall’ art. 1, comma 82, L. 30 dicembre 2018, n. 145, a decorrere dal 1° gennaio 2019; per l’applicabilità delle agevolazioni previste dalla presente lettera vedi l’ art. 1, comma 83, della medesima Legge n. 145/2018.

Art. 80 
Regime forfetario degli enti del Terzo settore non commerciali 

1. Gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, possono optare per la determinazione forfetaria del reddito d’impresa applicando all’ammontare dei ricavi conseguiti nell’esercizio delle attivita’ di cui agli articoli 5 e 6, quando svolte con modalita’ commerciali, il coefficiente di redditivita’ nella misura indicata nelle lettere a) e b) e aggiungendo l’ammontare dei componenti positivi di reddito di cui agli articoli 86, 88, 89 e 90 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917:

a) attivita’ di prestazioni di servizi:

1) ricavi fino a 130.000 euro, coefficiente 7 per cento;

2) ricavi da 130.001 euro a 300.000 euro, coefficiente 10 per cento;

3) ricavi oltre 300.000 euro, coefficiente 17 per cento;

b) altre attivita’:

1) ricavi fino a 130.000 euro, coefficiente 5 per cento;

2) ricavi da 130.001 euro a 300.000 euro, coefficiente 7 per cento;

3) ricavi oltre 300.000 euro, coefficiente 14 per cento.

2. Per gli enti che esercitano contemporaneamente prestazioni di servizi ed altre attivita’ il coefficiente si determina con riferimento all’ammontare dei ricavi relativi all’attivita’ prevalente. In mancanza della distinta annotazione dei ricavi si considerano prevalenti le attivita’ di prestazioni di servizi.

3. L’opzione di cui al comma 1 e’ esercitata nella dichiarazione annuale dei redditi ed ha effetto dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale e’ esercitata fino a quando non e’ revocata e comunque per un triennio. La revoca dell’opzione e’ effettuata nella dichiarazione annuale dei redditi ed ha effetto dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale la dichiarazione stessa e’ presentata.

4. Gli enti che intraprendono l’esercizio d’impresa commerciale esercitano l’opzione nella dichiarazione da presentare ai sensi dell’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.

5. I componenti positivi e negativi di reddito riferiti ad anni precedenti a quello da cui ha effetto il regime forfetario, la cui tassazione o deduzione e’ stata rinviata in conformita’ alle disposizioni del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che dispongono o consentono il rinvio, partecipano per le quote residue alla formazione del reddito dell’esercizio precedente a quello di efficacia del predetto regime.

6. Le perdite fiscali generatesi nei periodi d’imposta anteriori a quello da cui decorre il regime forfetario possono essere computate in diminuzione del reddito determinato ai sensi dei commi 1 e 2 secondo le regole ordinarie stabilite dal testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

7. Gli Enti che optano per la determinazione forfetaria del reddito di impresa ai sensi del presente articolo sono esclusi dall’applicazione degli studi di settore di cui all’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427 e dei parametri di cui all’articolo 3, comma 184, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, nonché degli indici sintetici di affidabilità di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96. (1)

(1) Comma così modificato dall’ art. 24, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Art. 81 
Social Bonus 

1. E’ istituito un credito d’imposta pari al 65 per cento delle erogazioni liberali in denaro effettuate da persone fisiche e del 50 per cento se effettuate da enti o società in favore degli enti del Terzo settore, che hanno presentato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali un progetto per sostenere il recupero degli immobili pubblici inutilizzati e dei beni mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata assegnati ai suddetti enti del Terzo settore e da questi utilizzati esclusivamente per lo svolgimento di attività di cui all’art. 5 con modalità non commerciali. Per le suddette erogazioni non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 83 né le agevolazioni fiscali previste a titolo di deduzione o di detrazione di imposta da altre disposizioni di legge.

2. Il credito d’imposta spettante ai sensi del comma 1 è riconosciuto alle persone fisiche e agli enti non commerciali nei limiti del 15 per cento del reddito imponibile ed ai soggetti titolari di reddito d’impresa nei limiti del 5 per mille dei ricavi annui. Il credito d’imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo.

3. Per i soggetti titolari di reddito d’impresa, ferma restando la ripartizione in tre quote annuali di pari importo, il credito d’imposta di cui ai commi 1 e 2 è utilizzabile tramite compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive. (1)

4. Al credito d’imposta di cui al presente articolo non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

5. I soggetti beneficiari delle erogazioni liberali di cui al comma 1 del presente articolo effettuate per la realizzazione di interventi di manutenzione, protezione e restauro dei beni stessi, comunicano trimestralmente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali l’ammontare delle erogazioni liberali ricevute nel trimestre di riferimento; provvedono altresì a dare pubblica comunicazione di tale ammontare, nonché della destinazione e dell’utilizzo delle erogazioni stesse, tramite il proprio sito web istituzionale, nell’ambito di una pagina dedicata e facilmente individuabile, e in un apposito portale, gestito dal medesimo Ministero, in cui ai soggetti destinatari delle erogazioni liberali sono associate tutte le informazioni relative allo stato di conservazione del bene, gli interventi di ristrutturazione o riqualificazione eventualmente in atto, i fondi pubblici assegnati per l’anno in corso, l’ente responsabile del bene, nonché le informazioni relative alla fruizione, per l’esercizio delle attività di cui all’articolo 5. (2)

6. Sono fatte salve le disposizioni del Codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

7. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’interno, il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 3 della legge 23 agosto 1988 n. 400, sono individuate le modalità di attuazione delle agevolazioni previste dal presente articolo, comprese le procedure per l’approvazione dei progetti di recupero finanziabili.

(1) Comma così modificato dall’ art. 25, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(2) Comma così modificato dall’ art. 25, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Art. 82 
Disposizioni in materia di imposte indirette e tributi locali 

1. Le disposizioni del presente articolo si applicano agli enti del Terzo settore comprese le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di societa’, salvo quanto previsto ai commi 4 e 6.
2. Non sono soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni e alle imposte ipotecaria e catastale i trasferimenti a titolo gratuito effettuati a favore degli enti di cui al comma 1 utilizzati ai sensi dell’articolo 8, comma 1.

3. Agli atti costitutivi e alle modifiche statutarie, comprese le operazioni di fusione, scissione o trasformazione poste in essere da enti del Terzo settore di cui al comma 1, le imposte di registro, ipotecaria e catastale si applicano in misura fissa. Le modifiche statutarie di cui al periodo precedente sono esenti dall’imposta di registro se hanno lo scopo di adeguare gli atti a modifiche o integrazioni normative. Gli atti costitutivi e quelli connessi allo svolgimento delle attività delle organizzazioni di volontariato sono esenti dall’imposta di registro. (1)

4. Le imposte di registro, ipotecaria e catastale si applicano in misura fissa per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprieta’ di beni immobili e per gli atti traslativi o costituitivi di diritti reali immobiliari di godimento a favore di tutti gli enti del Terzo settore di cui al comma 1, incluse le imprese sociali, a condizione che i beni siano direttamente utilizzati, entro cinque anni dal trasferimento, in diretta attuazione degli scopi istituzionali o dell’oggetto sociale e che l’ente renda, contestualmente alla stipula dell’atto, apposita dichiarazione in tal senso. In caso di dichiarazione mendace o di mancata effettiva utilizzazione del bene in diretta attuazione degli scopi istituzionali o dell’oggetto sociale, e’ dovuta l’imposta nella misura ordinaria, nonche’ la sanzione amministrativa pari al 30 per cento dell’imposta dovuta oltre agli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta avrebbe dovuto essere versata.

5. Gli atti, i documenti, le istanze, i contratti, nonche’ le copie anche se dichiarate conformi, gli estratti, le certificazioni, le dichiarazioni, le attestazioni e ogni altro documento cartaceo o informatico in qualunque modo denominato posti in essere o richiesti dagli enti di cui al comma 1 sono esenti dall’imposta di bollo.

6. Gli immobili posseduti e utilizzati dagli enti non commerciali del Terzo settore di cui all’articolo 79, comma 5, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalita’ non commerciali, di attivita’ assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonche’ delle attivita’ di cui all’articolo 16, comma 1, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222, sono esenti dall’imposta municipale propria e dal tributo per i servizi indivisibili alle condizioni e nei limiti previsti dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, dall’articolo 9, comma 8, secondo periodo, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, dall’articolo 91-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e dall’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 maggio 2014, n. 68, e relative disposizioni di attuazione.

7. Per i tributi diversi dall’imposta municipale propria e dal tributo per i servizi indivisibili, per i quali restano ferme le disposizioni di cui al comma 6, i comuni, le province, le citta’ metropolitane e le regioni possono deliberare nei confronti degli enti del Terzo settore che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attivita’ commerciale la riduzione o l’esenzione dal pagamento dei tributi di loro pertinenza e dai connessi adempimenti.

8. Le regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano possono disporre nei confronti degli enti di cui al comma 1 del presente articolo la riduzione o l’esenzione dall’imposta regionale sulle attivita’ produttive di cui decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e degli orientamenti della Corte di giustizia dell’Unione europea.

9. L’imposta sugli intrattenimenti non e’ dovuta per le attivita’ indicate nella tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, svolte dagli enti di cui al comma 1 del presente articolo occasionalmente o in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione. L’esenzione spetta a condizione che dell’attivita’ sia data comunicazione, prima dell’inizio di ciascuna manifestazione, al concessionario di cui all’articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640.

10. Gli atti e i provvedimenti relativi agli enti di cui al comma 1 del presente articolo sono esenti dalle tasse sulle concessioni governative di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641.

(1) Comma così modificato dall’ art. 26, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

 
Art. 83 
Detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali 

1. Dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche si detrae un importo pari al 30 per cento degli oneri sostenuti dal contribuente per le erogazioni liberali in denaro o in natura a favore degli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, per un importo complessivo in ciascun periodo d’imposta non superiore a 30.000 euro. L’importo di cui al precedente periodo è elevato al 35 per cento degli oneri sostenuti dal contribuente, qualora l’erogazione liberale sia a favore di organizzazioni di volontariato. La detrazione è consentita, per le erogazioni liberali in denaro, a condizione che il versamento sia eseguito tramite banche o uffici postali ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. (3)

2. Le liberalità in denaro o in natura erogate a favore degli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, da persone fisiche, enti e società sono deducibili dal reddito complessivo netto del soggetto erogatore nel limite del 10 per cento del reddito complessivo dichiarato. Qualora la deduzione sia di ammontare superiore al reddito complessivo dichiarato, diminuito di tutte le deduzioni, l’eccedenza può essere computata in aumento dell’importo deducibile dal reddito complessivo dei periodi di imposta successivi, ma non oltre il quarto, fino a concorrenza del suo ammontare. Con apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuate le tipologie dei beni in natura che danno diritto alla detrazione o alla deduzione d’imposta e sono stabiliti i criteri e le modalità di valorizzazione delle liberalità di cui ai commi 1 e 2.

3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano a condizione che l’ente dichiari la propria natura non commerciale ai sensi dell’articolo 79, comma 5, al momento dell’iscrizione nel Registro unico di cui all’articolo 45. La perdita della natura non commerciale va comunicata dal rappresentante legale dell’ente all’Ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore della Regione o della Provincia autonoma in cui l’ente ha la sede legale, entro trenta giorni dalla chiusura del periodo d’imposta nel quale si è verificata. In caso di mancato tempestivo invio di detta comunicazione, il legale rappresentante dell’ente è punito con la sanzione amministrativa da 500 euro a 5.000 euro.

4. Ferma restando la non cumulabilità delle agevolazioni di cui ai commi 1 e 2, i soggetti che effettuano erogazioni liberali ai sensi del presente articolo non possono cumulare la detraibilità e la deducibilità con altra agevolazione fiscale prevista a titolo di detrazione o di deduzione di imposta da altre disposizioni di legge a fronte delle medesime erogazioni. (2)

5. Dall’imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento dei contributi associativi per un importo non superiore a 1.300 euro versati dai soci alle società di mutuo soccorso che operano esclusivamente nei settori di cui all’articolo 1 della legge 15 aprile 1886, n. 3818, al fine di assicurare ai soci un sussidio nei casi di malattia, di impotenza al lavoro o di vecchiaia, ovvero, in caso di decesso, un aiuto alle loro famiglie. (1)

6. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli enti del terzo settore di cui al comma 1 dell’articolo 82 a condizione che le liberalità ricevute siano utilizzate ai sensi dell’articolo 8, comma 1.

(1) Comma così modificato dall’ art. 5-quater, comma 1, D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172.
(2) Comma così sostituito dall’ art. 27, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(3) Comma così modificato dall’ art. 24-ter, comma 4, D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136.

 
Capo II 
Disposizioni sulle organizzazioni di volontariato e sulle associazioni di promozione sociale
Art. 84 
Regime fiscale delle organizzazioni di volontariato e degli enti filantropici (1)

1. Non si considerano commerciali, oltre alle attività di cui all’articolo 79, commi 2, 3 e 4, le seguenti attività effettuate dalle organizzazioni di volontariato e svolte senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato: (2)

a) attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario;

b) cessione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari sempreché la vendita dei prodotti sia curata direttamente dall’organizzazione di volontariato senza alcun intermediario;

c) attività di somministrazione di alimenti e bevande in occasione di raduni, manifestazioni, celebrazioni e simili a carattere occasionale.

2. I redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale da parte delle organizzazioni di volontariato sono esenti dall’imposta sul reddito delle società.

2-bis. La disposizione di cui al comma 2 si applica anche alle organizzazioni di volontariato che, a seguito di trasformazione in enti filantropici, sono iscritte nella specifica sezione del Registro Unico Nazionale del Terzo settore. (3)

(1) Rubrica così modificata dall’ art. 28, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(2) Alinea così modificato dall’ art. 28, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(3) Comma aggiunto dall’ art. 28, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

 
Art. 85 
Regime fiscale delle associazioni di promozione sociale 

1. Non si considerano commerciali le attivita’ svolte dalle associazioni di promozione sociale in diretta attuazione degli scopi istituzionali effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti dei propri associati e dei familiari conviventi degli stessi, ovvero degli associati di altre associazioni che svolgono la medesima attivita’ e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonche’ nei confronti di enti composti in misura non inferiore al settanta percento da enti del Terzo settore ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera m).

2. Non si considerano, altresi’, commerciali, ai fini delle imposte sui redditi, le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati e ai familiari conviventi degli stessi verso pagamento di corrispettivi specifici in attuazione degli scopi istituzionali.

3. In deroga a quanto previsto dai commi 1 e 2 del presente articolo si considerano comunque commerciali, ai fini delle imposte sui redditi, le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, le somministrazioni di pasti, le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, le prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito e le prestazioni di servizi portuali e aeroportuali nonche’ le prestazioni effettuate nell’esercizio delle seguenti attivita’:

a) gestione di spacci aziendali e di mense;

b) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;

c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;

d) pubblicita’ commerciale;

e) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.

4. Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, iscritte nell’apposito registro, le cui finalita’ assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno, non si considera in ogni caso commerciale, anche se effettuata a fronte del pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti o bevande effettuata presso le sedi in cui viene svolta l’attivita’ istituzionale da bar e esercizi similari, nonche’ l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sempre che vengano soddisfatte le seguenti condizioni:

a) tale attivita’ sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata nei confronti degli associati e dei familiari conviventi degli stessi;

b) per lo svolgimento di tale attivita’ non ci si avvalga di alcuno strumento pubblicitario o comunque di diffusione di informazioni a soggetti terzi, diversi dagli associati.

5. Le quote e i contributi corrisposti alle associazioni di promozione sociale di cui al presente articolo non concorrono alla formazione della base imponibile, ai fini dell’imposta sugli intrattenimenti.

6. Non si considerano commerciali le attivita’ di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario e sia svolta senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialita’ sul mercato.

7. I redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di attivita’ non commerciale da parte delle associazioni di promozione sociale sono esenti dall’imposta sul reddito delle societa’.

Art. 86 
Regime forfetario per le attivita’ commerciali svolte dalle associazioni di promozione sociale e dalle organizzazioni di volontariato 

 

1. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale possono applicare, in relazione alle attività commerciali svolte, il regime forfetario di cui al presente articolo se nel periodo d’imposta precedente hanno percepito ricavi, ragguagliati al periodo d’imposta, non superiori a 130.000 euro o alla diversa soglia che dovesse essere autorizzata dal Consiglio dell’Unione europea in sede di rinnovo della decisione in scadenza al 31 dicembre 2019 o alla soglia che sarà eventualmente armonizzata in sede europea. Fino al sopraggiungere della predetta autorizzazione si applica la misura speciale di deroga rilasciata dal Consiglio dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE.

2. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale possono avvalersi del regime forfetario comunicando nella dichiarazione annuale o, nella dichiarazione di inizio di attività di cui all’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, di presumere la sussistenza dei requisiti di cui al comma 1 del presente articolo.

3. Le organizzazioni di volontariato che applicano il regime forfetario determinano il reddito imponibile applicando all’ammontare dei ricavi percepiti nei limiti di cui al comma 1 un coefficiente di redditività pari all’1 per cento. Le associazioni di promozione sociale che applicano il regime forfetario determinano il reddito imponibile applicando all’ammontare dei ricavi percepiti nei limiti di cui al comma 1 un coefficiente di redditività pari al 3 per cento.

4. Qualora sia esercitata l’opzione per il regime forfetario di cui ai commi precedenti si applica il comma 5 e 6 dell’articolo 80 considerando quale reddito dal quale computare in diminuzione le perdite quello determinato ai sensi del comma 3.

5. Fermo restando l’obbligo di conservare, ai sensi dell’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, i documenti ricevuti ed emessi, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che applicano il regime forfetario sono esonerati dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili. La dichiarazione dei redditi è presentata nei termini e con le modalità definiti nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.

6. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che applicano il regime forfetario non sono tenuti a operare le ritenute alla fonte di cui al titolo III del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; tuttavia, nella dichiarazione dei redditi, i medesimi contribuenti indicano il codice fiscale del percettore dei redditi per i quali all’atto del pagamento degli stessi non è stata operata la ritenuta e l’ammontare dei redditi stessi.

7. Ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che applicano il regime forfetario:

a) non esercitano la rivalsa dell’imposta di cui all’articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per le operazioni nazionali;

b) applicano alle cessioni di beni intracomunitarie l’articolo 41, comma 2-bis, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;

c) applicano agli acquisti di beni intracomunitari l’articolo 38, comma 5, lettera c), del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;

d) applicano alle prestazioni di servizi ricevute da soggetti non residenti o rese ai medesimi gli articoli 7-ter e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;

e) applicano alle importazioni, alle esportazioni e alle operazioni ad esse assimilate le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ferma restando l’impossibilità di avvalersi della facoltà di acquistare senza applicazione dell’imposta ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c), e comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

Per le operazioni di cui al presente comma le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che applicano il regime forfettario non hanno diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

8. Salvo quanto disposto dal comma 9, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che applicano il regime forfetario sono esonerati dal versamento dell’imposta sul valore aggiunto e da tutti gli altri obblighi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ad eccezione degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, di certificazione dei corrispettivi e di conservazione dei relativi documenti. Resta fermo l’esonero dall’obbligo di certificazione di cui all’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696 e successive modificazioni.

9. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che applicano il regime forfetario, per le operazioni per le quali risultano debitori dell’imposta, emettono la fattura o la integrano con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e versano l’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.

10. Il passaggio dalle regole ordinarie di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto al regime forfetario comporta la rettifica della detrazione di cui all’articolo 19-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, da operarsi nella dichiarazione dell’ultimo periodo d’imposta di applicazione delle regole ordinarie. In caso di passaggio, anche per opzione, dal regime forfetario alle regole ordinarie è operata un’analoga rettifica della detrazione nella dichiarazione del primo periodo d’imposta di applicazione delle regole ordinarie.

11. Nell’ultima liquidazione relativa al periodo d’imposta in cui è applicata l’imposta sul valore aggiunto è computata anche l’imposta relativa alle operazioni, per le quali non si è ancora verificata l’esigibilità, di cui all’articolo 6, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e all’articolo 32-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. Nella stessa liquidazione può essere esercitato, ai sensi degli articoli 19 e seguenti del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, il diritto alla detrazione dell’imposta relativa alle operazioni di acquisto effettuate in vigenza dell’opzione di cui all’articolo 32-bis del citato decreto-legge n. 83 del 2012, i cui corrispettivi non sono stati ancora pagati.

12. L’eccedenza detraibile emergente dalla dichiarazione presentata dalle organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale che applicano il regime forfetario, relativa all’ultimo periodo d’imposta in cui l’imposta sul valore aggiunto è applicata nei modi ordinari, può essere chiesta a rimborso ovvero può essere utilizzata in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

13. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che applicano il regime forfetario possono optare per l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto nei modi ordinari di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e delle imposte sul reddito nei modi ordinari ovvero in quelli di cui all’articolo 80. L’opzione, valida per almeno un triennio, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime ordinario, l’opzione resta valida per ciascun periodo d’imposta successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata.

14. Il regime forfetario cessa di avere applicazione a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui viene meno taluna delle condizioni di cui al comma 1.

15. Nel caso di passaggio da un periodo d’imposta soggetto al regime forfetario a un periodo d’imposta soggetto al regime ordinario ovvero a quello di cui all’articolo 80, al fine di evitare salti o duplicazioni di imposizione, i ricavi che, in base alle regole del regime forfetario, hanno già concorso a formare il reddito non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi ancorché di competenza di tali periodi; viceversa i ricavi che, ancorché di competenza del periodo in cui il reddito è stato determinato in base alle regole del regime forfetario, non hanno concorso a formare il reddito imponibile del periodo assumono rilevanza nei periodi di imposta successivi nel corso dei quali si verificano i presupposti previsti dal regime forfetario. Corrispondenti criteri si applicano per l’ipotesi inversa di passaggio dal regime ordinario ovvero da quello di cui all’articolo 80 a quello forfetario. Nel caso di passaggio da un periodo di imposta soggetto al regime forfetario a un periodo di imposta soggetto a un diverso regime, i costi sostenuti nel periodo di applicazione del regime forfetario non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi. Nel caso di cessione, successivamente all’uscita dal regime forfetario, di beni strumentali acquisiti in esercizi precedenti a quello da cui decorre il regime forfetario, ai fini del calcolo dell’eventuale plusvalenza o minusvalenza determinata, rispettivamente, ai sensi degli articoli 86 e 101 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si assume come costo non ammortizzato quello risultante alla fine dell’esercizio precedente a quello dal quale decorre il regime. Se la cessione concerne beni strumentali acquisiti nel corso del regime forfetario, si assume come costo non ammortizzabile il prezzo di acquisto.
16. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che applicano il regime forfetario sono escluse dall’applicazione degli studi di settore di cui all’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427 e dei parametri di cui all’articolo 3, comma 184, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, nonché degli indici sintetici di affidabilità di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 convertito, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1 della legge 21 giugno 2017, n. 96. (1)

(1) Comma così modificato dall’ art. 29, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Capo III 
Delle scritture contabili
Art. 87 
Tenuta e conservazione delle scritture contabili degli Enti del terzo settore 

1. Gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, che non applicano il regime forfetario di cui all’articolo 86, a pena di decadenza dai benefici fiscali per esse previsti, devono:

a) in relazione all’attività complessivamente svolta, redigere scritture contabili cronologiche e sistematiche atte ad esprimere con compiutezza e analiticità le operazioni poste in essere in ogni periodo di gestione, e rappresentare adeguatamente nel bilancio di cui all’articolo 13 distintamente le attività indicate all’articolo 6 da quelle di cui all’articolo 5, con obbligo di conservare le stesse scritture e la relativa documentazione per un periodo non inferiore quello indicato dall’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; (1)

b) in relazione alle attività svolte con modalità commerciali, di cui agli articoli 5 e 6, tenere le scritture contabili previste dalle disposizioni di cui all’articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, anche al di fuori dei limiti quantitativi previsti al comma 1 del medesimo articolo.

2. Gli obblighi di cui al comma 1, lettera a), si considerano assolti anche qualora la contabilità consti del libro giornale e del libro degli inventari, tenuti in conformità alle disposizioni di cui agli articoli 2216 e 2217 del codice civile.

3. I soggetti di cui al comma 1 che nell’esercizio delle attività di cui agli articoli 5 e 6 non abbiano conseguito in un anno proventi di ammontare superiore all’importo stabilito dall’articolo 13, comma 2 possono tenere per l’anno successivo, in luogo delle scritture contabili previste al primo comma, lettera a), il rendiconto di cassa di cui all’articolo 13, comma 2. (2)

4. In relazione all’attività commerciale esercitata, gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, hanno l’obbligo di tenere la contabilità separata.

5. Fatta salva l’applicazione dell’articolo 86, commi 5 e 8 , e fermi restando gli obblighi previsti dal titolo secondo del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, limitatamente alle attività non commerciali di cui agli articoli 5 e 6, non sono soggetti all’obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante ricevuta o scontrino fiscale.

6. Gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, che effettuano raccolte pubbliche di fondi devono inserire all’interno del bilancio redatto ai sensi dell’articolo 13 un rendiconto specifico redatto ai sensi del comma 3 dell’articolo 48, tenuto e conservato ai sensi dell’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dal quale devono risultare, anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente, le entrate e le spese relative a ciascuna delle celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione di cui all’articolo 79, comma 4, lettera a). Il presente comma si applica anche ai soggetti che si avvalgono del regime forfetario di cui all’articolo 86. (3)

7. Entro tre mesi dal momento in cui si verificano i presupposti di cui all’articolo 79, comma 5, ai fini della qualificazione dell’ente del Terzo settore come ente commerciale, tutti i beni facenti parte del patrimonio dovranno essere compresi nell’inventario di cui all’articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, con l’obbligo per il predetto ente di tenere le scritture contabili di cui agli articoli 14, 15, 16 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. Le registrazioni nelle scritture cronologiche delle operazioni comprese dall’inizio del periodo di imposta al momento in cui si verificano i presupposti che determinano il mutamento della qualifica di cui all’articolo 79, comma 5, devono essere eseguite, in deroga alla disciplina ordinaria, entro tre mesi decorrenti dalla sussistenza dei suddetti presupposti.

(1) Lettera così modificata dall’ art. 30, comma 1, lett. a), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(2) Comma così modificato dall’ art. 30, comma 1, lett. b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(3) Comma così modificato dall’ art. 30, comma 1, lett. c), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

 
Capo IV 
Delle disposizioni transitorie e finali
Art. 88 
«De minimis» 

1. Le agevolazioni di cui all’articolo 82, commi 7 e 8 e all’articolo 85, commi 2 e 4, sono concesse ai sensi e nei limiti del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis», e del regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis» nel settore agricolo.

 
Art. 89 
Coordinamento normativo 

1. Agli enti del Terzo settore di cui all’articolo 79, comma 1, non si applicano le seguenti disposizioni:

a) l’articolo 143, comma 3, l’articolo 144, commi 2, 5 e 6 e gli articoli 148 e 149 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

b) l’articolo 3, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 e gli articoli 1, comma 2 e 10, comma 3 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347;

c) la legge 16 dicembre 1991, n. 398.

2. Le norme di cui al comma 1, lettera b) continuano ad applicarsi ai trasferimenti a titolo gratuito, non relativi alle attività di cui all’articolo 5, eseguiti a favore dei soggetti di cui all’articolo 4, comma 3, iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo Settore.

3. Ai soggetti di cui all’articolo 4, comma 3, iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore gli articoli da 143 a 148 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applicano limitatamente alle attività diverse da quelle elencate all’articolo 5, purché siano in possesso dei requisiti qualificanti ivi previsti. (1)

4.  All’articolo 148, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole: «Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, nonché per le strutture periferiche di natura privatistica necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a servizi di pubblico interesse» sono sostituite dalle seguenti: «Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, sportive dilettantistiche, nonché per le strutture periferiche di natura privatistica necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a servizi di pubblico interesse». (2)

5. All’articolo 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601, è aggiunto, in fine, il seguente comma: «La riduzione non si applica agli enti iscritti nel Registro Unico nazionale del terzo settore. Ai soggetti di cui all’articolo 4, comma 3, codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106, iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore, la riduzione si applica limitatamente alle attività diverse da quelle elencate all’articolo 5 del medesimo decreto legislativo».

6. All’articolo 52, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le parole: «al decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460» sono sostituite dalle seguenti: «al codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106».

7. Si intendono riferite agli enti non commerciali del Terzo settore di cui all’articolo 82, comma 1, le disposizioni normative vigenti riferite alle ONLUS in quanto compatibili con le disposizioni del presente decreto. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 3, terzo comma, primo periodo, le parole «di enti e associazioni che senza scopo di lucro perseguono finalità educative, culturali, sportive, religiose e di assistenza e solidarietà sociale, nonché delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS)» sono sostituite dalle seguenti: «di enti del Terzo settore di natura non commerciale»;

b) all’articolo 10, primo comma, ai numeri 15), 19), 20) e 27-ter), la parola «ONLUS» è sostituita dalle seguenti: «enti del Terzo settore di natura non commerciale»

8. All’articolo 1, comma 3, della legge 22 giugno 2016, n. 112, le parole: «organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, riconosciute come persone giuridiche, che operano prevalentemente nel settore della beneficenza di cui al comma 1, lettera a), numero 3), dell’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, anche ai sensi del comma 2-bis dello stesso articolo» sono sostituite dalle seguenti: «enti del Terzo settore non commerciali, che operano prevalentemente nel settore della beneficenza di cui all’articolo 5, comma 1, lettera u)».

9. All’articolo 32, comma 7, della legge 11 agosto 2014 n. 125 è aggiunto in fine il seguente periodo: «Le Organizzazioni non governative di cui al presente comma sono iscritte nel Registro unico nazionale del Terzo settore».

10. All’articolo 6, comma 9, della legge 22 giugno 2016, n. 112 le parole «le agevolazioni di cui all’articolo 14, comma 1, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, e i limiti ivi indicati sono elevati, rispettivamente, al 20 per cento del reddito complessivo dichiarato e a 100.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «le agevolazioni previste per le organizzazioni di volontariato ai sensi dell’articolo 83, commi 1 e 2, del codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106».

11. Ai soggetti che effettuano erogazioni liberali agli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, nonché alle cooperative sociali, non si applicano, per le medesime erogazioni liberali, le disposizioni di cui all’articolo 15, comma 1.1. e all’articolo 100, comma 2, lettera h), del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

12. La deducibilità dal reddito imponibile delle erogazioni liberali prevista dall’articolo 10, comma 1, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è consentita a condizione che per le medesime erogazioni il soggetto erogante non usufruisca delle detrazioni d’imposta di cui all’articolo 15, comma 1.1, del medesimo testo unico.

13. La deducibilità dal reddito imponibile delle erogazioni liberali previste dall’articolo 100, comma 2, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è consentita a condizione che per le medesime erogazioni liberali il soggetto erogante non usufruisca delle deduzioni previste dalla lettera h) del medesimo articolo 100, comma 2.

14. La deducibilità dal reddito imponibile delle erogazioni liberali previste all’articolo 153, comma 6, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è consentita a condizione che per le medesime erogazioni liberali il soggetto erogante non usufruisca delle detrazioni d’imposta previste dal comma 3 del medesimo articolo 153.

15. Alle Fondazioni lirico-sinfoniche di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367 e di cui alla legge 11 novembre 2003, n. 310, e successive modificazioni, iscritte nel Registro unico nazionale del Terzo settore, non si applica l’articolo 25, comma 5 del suddetto decreto legislativo.

16. Alle associazioni che operano o che partecipano a manifestazioni di particolare interesse storico, artistico e culturale, legate agli usi ed alle tradizioni delle comunità locali, iscritte nel Registro unico nazionale del Terzo settore, non si applica l’articolo 1, commi 185, 186 e 187 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

17. In attuazione dell’articolo 115 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, le regioni, gli enti locali e gli altri enti pubblici possono attivare forme speciali di partenariato con enti del Terzo settore che svolgono le attività indicate all’articolo 5, comma 1, lettere f), i), k) o z), individuati attraverso le procedure semplificate di cui all’articolo 151, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, dirette alla prestazione di attività di valorizzazione di beni culturali immobili di appartenenza pubblica.

18. Le attività indicate all’articolo 79, comma 4, lett. a), fermo restando il regime di esclusione dall’imposta sul valore aggiunto, sono esenti da ogni altro tributo.

19. Alla legge 19 agosto 2016, n. 166, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 2, comma 1, lettera b), le parole «i soggetti di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460» sono sostituite dalle seguenti: «gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, del codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106»;

b) all’articolo 16, comma 5, lettera a), numero 2, le parole «agli enti pubblici, alle ONLUS e agli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività d’interesse generale anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale nonché attraverso forme di mutualità» sono sostituite dalle seguenti: «ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), della legge 19 agosto 2016, n. 166.

20. All’articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982 n. 571, comma 6, le parole «i soggetti di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460» sono sostituite dalle seguenti: «gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, del codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106».

21. All’articolo 1, comma 236, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 le parole «i soggetti di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460» sono sostituite dalle seguenti: «gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, del codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106».

22. All’articolo 1, comma 1 della legge 25 giugno 2003, n. 155 le parole «i soggetti di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460» sono sostituite dalle seguenti: «gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, del codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106».

23. All’articolo 157, comma 1-bis, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, sono apportate le seguenti modifiche:

a) le parole «organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS)» sono sostituite dalle seguenti: «enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, del codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106»;

b) le parole «Alle ONLUS» sono sostituite dalle seguenti: «Agli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, del codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106».

(1) Comma così modificato dall’ art. 31, comma 1, lett. a) e b), D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.
(2) Comma così sostituito dall’art. 14, comma 2, D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 giugno 2019, n. 58.

Titolo XI 
DEI CONTROLLI E DEL COORDINAMENTO
Art. 90 
Controlli e poteri sulle fondazioni del Terzo settore 

1. I controlli e i poteri di cui agli articoli 25, 26 e 28 del codice civile sono esercitati sulle fondazioni del Terzo settore dall’Ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore.

 
Art. 91 
Sanzioni a carico dei rappresentanti legali e dei componenti degli organi amministrativi 

1. In caso di distribuzione, anche indiretta, di utili e avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a un fondatore, un associato, un lavoratore o un collaboratore, un amministratore o altro componente di un organo associativo dell’ente, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo, i rappresentanti legali e i componenti degli organi amministrativi dell’ente del Terzo settore che hanno commesso la violazione o che hanno concorso a commettere la violazione sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 euro a 20.000,00 euro.

2. In caso di devoluzione del patrimonio residuo effettuata in assenza o in difformita’ al parere dell’Ufficio del Registro unico nazionale, i rappresentanti legali e i componenti degli organi amministrativi degli enti del Terzo settore che hanno commesso la violazione o che hanno concorso a commettere la violazione sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000,00 euro a 5.000,00 euro.

3. Chiunque utilizzi illegittimamente l’indicazione di ente del Terzo settore, di associazione di promozione sociale o di organizzazione di volontariato oppure i corrispondenti acronimi, ETS, APS e ODV, e’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500,00 euro a 10.000,00 euro. La sanzione medesima e’ raddoppiata qualora l’illegittimo utilizzo sia finalizzato ad ottenere da terzi l’erogazione di denaro o di altre utilita’.

4. Le sanzioni di cui ai commi 1, 2 e 3 e di cui al comma 5 dell’articolo 48 sono irrogate dall’Ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore ai sensi dell’articolo 45.

5. Le somme dovute a titolo di sanzioni previste dal presente articolo sono versate all’entrata del bilancio dello Stato, secondo modalita’ da definirsi con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Art. 92 
Attivita’ di monitoraggio, vigilanza e controllo 

1. Al fine di garantire l’uniforme applicazione della disciplina legislativa, statutaria e regolamentare applicabile agli Enti del Terzo settore e l’esercizio dei relativi controlli, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali:

a) vigila sul sistema di registrazione degli enti del Terzo settore nel rispetto dei requisiti previsti dal presente codice e monitora lo svolgimento delle attivita’ degli Uffici del Registro unico nazione del Terzo settore operanti a livello regionale;

b) promuove l’autocontrollo degli enti del Terzo settore autorizzandone l’esercizio da parte delle reti associative nazionali iscritte nell’apposita sezione del registro unico nazionale e dei Centri di servizio per il volontariato accreditati ai sensi dell’articolo 61;

c) predispone e trasmette alle Camere, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione sulle attivita’ di vigilanza, monitoraggio e controllo svolte sugli enti del Terzo settore anche sulla base dei dati acquisiti attraverso le relazioni di cui all’articolo 95, commi 2 e 3, nonche’ sullo stato del sistema di registrazione di cui alla lettera b).

2. Restano fermi i poteri delle amministrazioni pubbliche competenti in ordine ai controlli, alle verifiche ed alla vigilanza finalizzati ad accertare la conformita’ delle attivita’ di cui all’articolo 5 alle norme particolari che ne disciplinano l’esercizio.

 
Art. 93 
Controllo 

1. I controlli sugli enti del Terzo settore sono finalizzati ad accertare:

a) la sussistenza e la permanenza dei requisiti necessari all’iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore;

b) il perseguimento delle finalita’ civiche, solidaristiche o di utilita’ sociale;

c) l’adempimento degli obblighi derivanti dall’iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore;

d) il diritto di avvalersi dei benefici anche fiscali e del 5 per mille derivanti dall’iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore;

e) il corretto impiego delle risorse pubbliche, finanziarie e strumentali, ad essi attribuite.

2. Alle imprese sociali si applicano le disposizioni contenute nell’articolo 15 del decreto legislativo recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale, di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c), della legge 6 giugno 2016, n. 106.

3. L’ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore territorialmente competente esercita le attivita’ di controllo di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1, nei confronti degli enti del Terzo settore aventi sede legale sul proprio territorio, anche attraverso accertamenti documentali, visite ed ispezioni, d’iniziativa, periodicamente o in tutti i casi in cui venga a conoscenza di atti o fatti che possano integrare violazioni alle disposizioni del presente codice, anche con riferimento ai casi di cui al comma 1, lettera b). In caso di enti che dispongano di sedi secondarie in regioni diverse da quella della sede legale, l’ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore competente ai sensi del primo periodo puo’, ove necessario, attivare forme di reciproca collaborazione e assistenza con i corrispondenti uffici di altre regioni per l’effettuazione di controlli presso le sedi operative, le articolazioni territoriali e gli organismi affiliati degli enti di terzo settore interessati.

4. Le amministrazioni pubbliche e gli enti territoriali che erogano risorse finanziarie o concedono l’utilizzo di beni immobili o strumentali di qualunque genere agli enti del Terzo settore per lo svolgimento delle attivita’ statutarie di interesse generale, dispongono i controlli amministrativi e contabili di cui alla lettera e) del comma 1 necessari a verificarne il corretto utilizzo da parte dei beneficiari.

5. Le reti associative di cui all’articolo 41, comma 2 iscritte nell’apposita sezione del Registro unico nazionale del Terzo settore e gli enti accreditati come Centri di servizio per il volontariato previsti dall’articolo 61, appositamente autorizzati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, possono svolgere attivita’ di controllo ai sensi del comma 1, lettere a), b) e c) nei confronti dei rispettivi aderenti.

6. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 5, le reti associative nazionali ed i Centri di servizio per il volontariato devono risultare in possesso dei requisiti tecnici e professionali stabiliti con il decreto di cui all’articolo 96, tali da garantire un efficace espletamento delle attivita’ di controllo.
L’autorizzazione e’ rilasciata entro novanta giorni dalla presentazione dell’istanza e mantiene validita’ fino alla avvenuta cancellazione della rete associativa dall’apposita sezione del Registro unico nazionale del Terzo settore, ai sensi dell’articolo 41, o alla revoca dell’accreditamento del CSV, ai sensi dell’articolo 66 o fino alla revoca della stessa autorizzazione di cui al comma 5, disposta in caso di accertata inidoneita’ della rete associativa o del Centro di servizio ad assolvere efficacemente le attivita’ di controllo nei confronti dei propri aderenti. Decorso il predetto termine di novanta giorni, l’autorizzazione si intende rilasciata.

7. L’attivita’ di controllo espletata dalle reti associative nazionali e dai Centri di servizio per il volontariato autorizzati ai sensi del presente articolo e’ sottoposta alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Art. 94 
Disposizioni in materia di controlli fiscali 

1. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del titolo X l’Amministrazione finanziaria esercita autonomamente attivita’ di controllo in merito al rispetto di quanto previsto dagli articoli 8, 9, 13, 15, 23, 24 nonche’ al possesso dei requisiti richiesti per fruire delle agevolazioni fiscali previste per i soggetti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore di cui all’articolo 45, avvalendosi dei poteri istruttori previsti dagli articoli 32 e 33 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e dagli articoli 51 e 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e, in presenza di violazioni, disconosce la spettanza del regime fiscale applicabile all’ente in ragione dell’iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore.
L’ufficio che procede alle attivita’ di controllo ha l’obbligo, a pena di nullita’ del relativo atto di accertamento, di invitare l’ente a comparire per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento. L’ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore trasmette all’Amministrazione finanziaria gli esiti dei controlli di competenza, ai fini dell’eventuale assunzione dei conseguenti provvedimenti.

2. L’Amministrazione finanziaria, a seguito dell’attivita’ di controllo, trasmette all’ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore ogni elemento utile ai fini della valutazione in merito all’eventuale cancellazione dal Registro unico di cui all’articolo 45 ove ne ricorrano i presupposti.

3. Resta fermo il controllo eseguito dall’ufficio del Registro Unico nazionale del Terzo settore ai fini dell’iscrizione, aggiornamento e cancellazione degli enti nel Registro medesimo.

4. Agli enti del Terzo settore non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 30 del decreto-legge 29 novembre 2008 n. 185, convertito, con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 e comunque tali enti non sono tenuti alla presentazione dell’apposito modello di cui al comma 1 del medesimo articolo 30.

Art. 95 
Vigilanza 

1. La funzione di vigilanza, esercitata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e’ finalizzata a verificare il funzionamento del sistema di registrazione degli enti del Terzo settore e del sistema dei controlli al fine di assicurare principi di uniformita’ tra i registri regionali all’interno del Registro unico nazionale e una corretta osservanza della disciplina prevista nel presente codice.

2. A tal fine, entro il 15 marzo di ogni anno le Regioni e le Province autonome trasmettono al Ministero del lavoro e delle politiche sociali una relazione sulle attivita’ di iscrizione degli enti al Registro unico nazionale del Terzo settore e di revisione periodica con riferimento ai procedimenti conclusi nell’anno precedente e sulle criticita’ emerse, nonche’ sui controlli eseguiti nel medesimo periodo e i relativi esiti.

3. L’Organismo nazionale di controllo di cui all’articolo 64 trasmette al Ministero del lavoro e delle politiche sociali la relazione annuale sulla propria attivita’ e sull’attivita’ e lo stato dei Centri di servizio per il volontariato entro il termine previsto nel medesimo articolo.

4. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali puo’ effettuare verifiche, anche in loco avvalendosi degli Ispettorati territoriali del lavoro, o a campione, sulle operazioni effettuate e sulle attivita’ svolte dagli enti autorizzati al controllo, ai sensi dell’articolo 80 93, dirette al soddisfacimento delle finalita’ accertative espresse nel comma 1.

5. La vigilanza sugli enti di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 19 novembre 1987, n. 476 e’ esercitata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Negli organi di controllo di tali enti deve essere assicurata la presenza di un rappresentante dell’Amministrazione vigilante. Gli enti medesimi trasmettono al Ministero del lavoro e delle politiche sociali il bilancio di cui all’articolo 13 entro dieci giorni dalla sua approvazione. Al Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono trasferite le competenze relative alla ripartizione dei contributi di cui all’articolo 2, comma 466, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e successive modificazioni.

 
Art. 96 
Disposizioni di attuazione 

1. Ai sensi dell’articolo 7, comma 4, della legge 6 giugno 2016, n. 106, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro dell’interno e previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, sono definiti le forme, i contenuti, i termini e le modalita’ per l’esercizio delle funzioni di vigilanza, controllo e monitoraggio, le modalita’ di raccordo con le altre Amministrazioni interessate e gli schemi delle relazioni annuali. Con il medesimo decreto sono altresi’ individuati i criteri, i requisiti e le procedure per l’autorizzazione all’esercizio delle attivita’ di controllo da parte delle reti associative nazionali e dei Centri di servizio per il volontariato, le forme di vigilanza da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sui soggetti autorizzati, nonche’ i criteri, che tengano anche conto delle dimensioni degli enti da controllare e delle attivita’ da porre in essere, per l’attribuzione ai soggetti autorizzati ad effettuare i controlli ai sensi dell’articolo 93, delle relative risorse finanziarie, entro il limite massimo di 5 milioni di euro annui, a decorrere dall’anno 2019.

 
Art. 97 
Coordinamento delle politiche di governo

1. E’ istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una Cabina di regia con il compito di coordinare, in raccordo con i ministeri competenti, le politiche di governo e le azioni di promozione e di indirizzo delle attivita’ degli enti del Terzo settore.

2. Ai fini di cui al comma 1, la Cabina di regia:

a) coordina l’attuazione del presente codice al fine di assicurarne la tempestivita’, l’efficacia e la coerenza ed esprimendo, la’ dove prescritto, il proprio orientamento in ordine ai relativi decreti e linee guida;

b) promuove le attivita’ di raccordo con le amministrazioni pubbliche interessate, nonche’ la definizione di accordi, protocolli di intesa o convenzioni, anche con enti privati, finalizzati a valorizzare l’attivita’ degli enti del Terzo settore e a sviluppare azioni di sistema;

c) monitora lo stato di attuazione del presente codice anche al fine di segnalare eventuali soluzioni correttive e di miglioramento.

3. La composizione e le modalita’ di funzionamento della Cabina di regia sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice, assicurando la presenza di rappresentanti del sistema degli enti territoriali. La partecipazione alla Cabina di regia e’ gratuita e non da’ diritto alla corresponsione di alcun compenso, indennita’, emolumento o rimborso spese comunque denominato.

4. All’attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Titolo XII 
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 98 
Modifiche al codice civile 

1. Dopo l’articolo 42 del codice civile, e’ inserito il seguente:

«Art. 42-bis (Trasformazione, fusione e scissione). – Se non e’ espressamente escluso dall’atto costitutivo o dallo statuto, le associazioni riconosciute e non riconosciute e le fondazioni di cui al presente titolo possono operare reciproche trasformazioni, fusioni o scissioni.

La trasformazione produce gli effetti di cui all’articolo 2498.

L’organo di amministrazione deve predisporre una relazione relativa alla situazione patrimoniale dell’ente in via di trasformazione contenente l’elenco dei creditori, aggiornata a non piu’ di centoventi giorni precedenti la delibera di trasformazione, nonche’ la relazione di cui all’articolo 2500-sexies, secondo comma. Si applicano inoltre gli articoli 2499, 2500, 2500-bis, 2500-ter, secondo comma, 2500-quinquies e 2500-nonies, in quanto compatibili.

Alle fusioni e alle scissioni si applicano, rispettivamente, le disposizioni di cui alle sezioni II e III del capo X, titolo V, libro V, in quanto compatibili.

Gli atti relativi alle trasformazioni, alle fusioni e alle scissioni per i quali il libro V prevede l’iscrizione nel Registro delle imprese sono iscritti nel Registro delle Persone Giuridiche ovvero, nel caso di enti del Terzo settore, nel Registro unico nazionale del Terzo settore.».

 
Art. 99 
Modifiche normative 

1. Al decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 1, comma 1, le parole: «nei registri regionali e provinciali delle associazioni di promozione sociale, applicandosi ad essa, per quanto non diversamente disposto dal presente decreto, la legge 7 dicembre 2000, n. 383» sono sostituite dalle seguenti: «nella sezione organizzazioni di volontariato del registro unico nazionale del Terzo settore, applicandosi ad essa, per quanto non diversamente disposto dal presente decreto, il codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106»;

b) all’articolo 1, comma 6, le parole: «L’utilizzazione da parte della Associazione delle risorse disponibili a livello nazionale, regionale e locale per le Associazioni di promozione sociale è condizionata all’emanazione di un decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, con il quale è stabilita la misura massima della medesima utilizzazione» sono soppresse;

c) all’articolo 1-bis, le parole: «nei registri provinciali delle associazioni di promozione sociale, applicandosi ad essi, per quanto non diversamente disposto dal presente decreto, la legge 7 dicembre 2000, n. 383» sono sostituite dalle seguenti: «nella sezione organizzazioni di volontariato del registro unico nazionale del Terzo settore, applicandosi ad essi, per quanto non diversamente disposto dal presente decreto, il codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106».

2. All’articolo 26, comma 2, della legge 11 agosto 2014 n. 125 le parole «Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS)» sono sostituite dalle seguenti «enti del Terzo settore (ETS) non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, del codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106».

3. A decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017 e fino all’abrogazione di cui all’articolo 102, comma 2, lettera h), all’articolo 14, comma 1, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 dopo le parole: «Le liberalità in denaro o in natura erogate da persone fisiche o da enti soggetti all’imposta sul reddito delle società» sono soppresse le seguenti «in favore di organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’articolo 10, commi 1, 8 e 9, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, nonché quelle erogate in favore di associazioni di promozione sociale iscritte nel registro nazionale previsto dall’articolo 7, commi 1 e 2, della legge 7 dicembre 2000, n. 383,». (1) (2)

(1) Comma così modificato dall’ art. 5-ter, comma 1, D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172.
(2) Sull’applicabilità delle disposizioni di carattere fiscale richiamate nel presente comma, vedi l’ art. 5-sexies, comma 1, D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172.

Art. 100 
Clausola di salvaguardia per le Province autonome 

1. Le disposizioni del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

2. Tenendo conto della tutela delle minoranze, prevista dall’articolo 6 della Costituzione e dallo Statuto di Autonomia, la Provincia autonoma di Bolzano disciplina l’istituzione e la tenuta del registro unico del Terzo settore e l’utilizzo degli acronimi di cui al presente codice, nonche’ le funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo pubblico di cui al presente codice del terzo settore, nel rispetto dei principi previsti dagli articoli 99 e 100 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670.

 
Art. 101 
Norme transitorie e di attuazione 

1. Ogni riferimento nel presente decreto al Consiglio nazionale del Terzo settore diviene efficace dalla data di adozione del decreto di nomina dei suoi componenti ai sensi dell’articolo 59, comma 3. Ogni riferimento nel presente decreto al Registro unico nazionale del Terzo settore diviene efficace dalla sua operatività ai sensi dell’articolo 53, comma 2.

2. Fino all’operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, continuano ad applicarsi le norme previgenti ai fini e per gli effetti derivanti dall’iscrizione degli enti nei Registri Onlus, Organizzazioni di Volontariato, Associazioni di promozione sociale che si adeguano alle disposizioni inderogabili del presente decreto entro il 31 maggio 2021. Entro il medesimo termine, esse possono modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria al fine di adeguarli alle nuove disposizioni inderogabili o di introdurre clausole che escludono l’applicazione di nuove disposizioni derogabili mediante specifica clausola statutaria. (1)

3. Il requisito dell’iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore previsto dal presente decreto, nelle more dell’istituzione del Registro medesimo, si intende soddisfatto da parte delle reti associative e degli enti del Terzo settore attraverso la loro iscrizione ad uno dei registri attualmente previsti dalle normative di settore.

4. Le reti associative, ove necessario, integrano, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il proprio statuto secondo le previsioni di cui all’articolo 41, comma 1, lettera b) e comma 2, pena l’automatica cancellazione dal relativo registro.

5. I comitati di gestione di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto del Ministro del tesoro 8 ottobre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 241 del 15 ottobre 1997, sono sciolti dalla data di costituzione dei relativi OTC, e il loro patrimonio residuo è devoluto entro novanta giorni dallo scioglimento al FUN, nell’ambito del quale conserva la sua precedente destinazione territoriale. I loro presidenti ne diventano automaticamente i liquidatori. Al FUN devono inoltre essere versate dalle FOB, conservando la loro destinazione territoriale, tutte le risorse maturate, ma non ancora versate, in favore dei fondi speciali di cui all’articolo 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266.

6. In sede di prima applicazione del presente decreto e fino al 31 dicembre 2017, sono accreditati come CSV gli enti già istituiti come CSV in forza del decreto del Ministro del tesoro 8 ottobre 1997. Successivamente a tale data, tali enti, o eventualmente l’ente risultante dalla loro fusione o aggregazione, sono valutati ai fini dell’accreditamento in base alle disposizioni del presente decreto. Nel caso di valutazione negativa, si procede all’accreditamento di altri enti secondo le norme del presente decreto. All’ente già istituito CSV in forza del decreto del Ministro del tesoro 8 ottobre 1997, che non risulti accreditato sulla base delle norme del presente decreto, si applica, per quanto attiene agli effetti finanziari e patrimoniali, l’articolo 63, commi 4 e 5.

7. Il divieto di cui all’articolo 61, comma 1, lettera j), non si applica alle cariche sociali in essere al momento dell’entrata in vigore del presente decreto e fino alla naturale scadenza del relativo mandato, così come determinato dallo statuto al momento del conferimento.

8. La perdita della qualifica di ONLUS, a seguito dell’iscrizione nel Registro unico nazionale degli enti del Terzo settore, anche in qualità di impresa sociale, non integra un’ipotesi di scioglimento dell’ente ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dagli articoli 10, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e articolo 4, comma 7, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Per gli enti associativi, l’iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore, anche in qualità di impresa sociale, non integra un’ipotesi di scioglimento dell’ente, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dal comma 8 dell’articolo 148 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986. Le disposizioni che precedono rilevano anche qualora l’iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore avvenga prima dell’autorizzazione della Commissione europea di cui al comma 10.

9. Tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 1, comma 7, della legge 6 giugno 2016, n. 106, a far data dall’entrata in vigore delle disposizioni contenute nel presente decreto è svolto uno specifico monitoraggio, coordinato dalla Cabina di regia di cui all’articolo 97, con l’obiettivo di raccogliere e valutare le evidenze attuative che emergeranno nel periodo transitorio ai fini della introduzione delle disposizioni integrative e correttive dei decreti attuativi.

10. L’efficacia delle disposizioni di cui agli articoli 77, 79, comma 2-bis, 80 e 86 è subordinata, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. (2)

11. Al fine di aumentare il numero dei volontari da avviare al servizio civile universale, la dotazione del Fondo nazionale per il servizio civile di cui all’articolo 19 della legge 8 luglio 1998, n. 230, è incrementata di 82 milioni di euro per l’anno 2018, di 47,2 milioni di euro per l’anno 2019, di 42,1 milioni di euro per l’anno 2020 e di 10,2 milioni di euro annui a decorrere dal 2022.

12. I decreti di cui agli articoli 6 comma 1, 7 comma 2, 13 comma 3, 14 comma 1, 18 comma 2, 19 comma 2, 46 comma 3, 47 comma 5, 53 comma 1, 59 comma 3, 62 comma 6, 54 comma 1, 64 comma 3, 65 comma 4, 76 comma 4, 77 comma 15, 78 comma 3, 81 comma 7, 83 comma 2, e 96 comma 1 ove non diversamente disposto, sono emanati entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto.

(1) Comma così modificato dall’ art. 32, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dall’ art. 35, comma 1, D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, dall’art. 1, comma 4-novies, D.L. 7 ottobre 2020, n. 125, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 novembre 2020, n. 159, e dall’art. 14, comma 2, D.L. 22 marzo 2021, n. 41.
(2) Comma così modificato dall’ art. 24-ter, comma 5, D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136.

Art. 102 
Abrogazioni 

1. Sono abrogate le seguenti disposizioni salvo quanto previsto ai commi 2, 3 e 4:

a) la legge 11 agosto 1991, n. 266, e la legge 7 dicembre 2000, n. 383;

a-bis) l’articolo 1, comma 1, lettera b) e comma 2, e gli articoli 2 e 3 della legge 19 novembre 1987, n. 476; (2)

b) gli articoli 2, 3, 4 e 5, della legge 15 dicembre 1998, n. 438;

c) il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 14 settembre 2010, n. 177;

d) il decreto del Ministro del tesoro 8 ottobre 1997, recante «Modalità per la costituzione dei fondi speciali per il volontariato presso le regioni»;

e) l’articolo 100, comma 2, lettera l), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

f) l’articolo 15, comma 1, lettera i-quater), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

g) l’articolo 15, comma 1, lettera i-bis) del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. (1)

2. Sono altresì abrogate le seguenti disposizioni a decorrere dal termine di cui all’articolo 104, comma 2:

a) gli articoli da 10 a 29 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, fatto salvo l’articolo 13, commi 2, 3 e 4;

b) l’articolo 20-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600;

c) l’articolo 150 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

d) l’articolo 8, comma 2, primo periodo e comma 4 della legge 11 agosto 1991, n. 266;

e) l’articolo 9-bis del decreto-legge 30 dicembre 1991, n. 417, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1992, n. 66;

f) l’articolo 2, comma 31, della legge 24 dicembre 2003, n. 350;

g) gli articoli 20 e 21 della legge n. 383 del 7 dicembre 2000;

h) l’articolo 14, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

3. Le disposizioni di cui all’articolo 12, comma 2, della legge 11 agosto 1991, n. 266, all’articolo 13 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, e all’articolo 96, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342, sono abrogate a decorrere dalla data di efficacia del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di cui all’articolo 103, comma 2, finalizzato a dare attuazione a quanto previsto dall’articolo 73, comma 1.

4. Le disposizioni di cui all’articolo 6, della legge 11 agosto 1991, n. 266, agli articoli 7, 8, 9 e 10 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, nonché il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 14 novembre 2001, n. 471, sono abrogate a decorrere dalla data di operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, ai sensi dell’articolo 53.

(1) Sull’applicabilità delle disposizioni di carattere fiscale richiamate nel presente comma, vedi l’ art. 5-sexies, comma 1, D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172.
(2) Lettera inserita dall’ art. 33, comma 1, D.Lgs. 3 agosto 2018, n. 105, a decorrere dall’11 settembre 2018, ai sensi di quanto disposto dall’ art. 35, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 105/2018.

Art. 103 
Disposizioni finanziarie 

1. Agli oneri derivanti dall’attuazione degli articoli 53, 62, 72, 77, 79, 80, 81, 82 e 83, 84, 85, 86, 96 e 101, pari a 40 milioni di euro per l’anno 2017, a 163 milioni di euro per l’anno 2018, a 166,1 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 187, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

2. Ai fini dell’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, e all’articolo 73, comma 1, il Ministro dell’economia e delle finanze e’ autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

3. Dall’attuazione delle ulteriori disposizioni del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione delle disposizioni con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 
Art. 104 
Entrata in vigore 

1. Le disposizioni di cui agli articoli 77, 78, 81, 82, 83 e 84, comma 2, 85 comma 7 e dell’articolo 102, comma 1, lettere e), f) e g)
si applicano in via transitoria a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017 e fino al periodo d’imposta di entrata in vigore delle disposizioni di cui al titolo X secondo quanto indicato al comma 2, alle Organizzazioni non lucrative di utilita’ sociale di cui all’articolo 10, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 iscritte negli appositi registri, alle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e alle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionali, regionali e delle provincie autonome di Trento e Bolzano previsti dall’articolo 7 della legge 7 dicembre 2000, n. 383.

2. Le disposizioni del titolo X, salvo quanto previsto dal comma 1, si applicano agli enti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore a decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea di cui all’articolo 101, comma 10, e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo di operativita’ del predetto Registro.

3. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi’ 3 luglio 2017

MATTARELLA
Gentiloni Silveri, Presidente del Consiglio dei ministri

Poletti, Ministro del lavoro e delle politiche sociali

Padoan, Ministro dell’economia e delle finanze

Visto, il Guardasigilli: Orlando